lunedì 17 settembre 2012

TRA DIETROLOGIA E PAURA DI SE' STESSI

Tra due settimane inizierò a frequentare un corso di scrittura creativa a Milano. Mi sono deciso. Era ora.


Grazie Elena.

Un ariete, ascendente scorpione col sole in 6a casa (casa della vergine) non riesce a navigare nell’ignoto. Per farsi un bel giro ha bisogno di coordinate, di un tracciato, una mappa da seguire. Non importa quanto sia chiara, dettagliata.

Posso dipingere un quadro come, quanto cazzo mi pare, ma necessito di una cornice che delimiti l’opera – senza andarne a porre limiti; un quadro multi-D.

Detto questo, chi ha visto “Il discorso del Re?”.
Ieri sera mi sono divertito.
Ben fatto.

Originale l’approccio usato dal terapeuta, anche se fantascientifico; coi rigidi schemi dell’epoca non penso fosse possibile lavorare con un paziente in quel modo.

Troppo umano.

La psichiatria è un industria basata sul creare e concretizzare problemi, nei quali poi l’uomo moderno – grazie agli “esperti del settore” – si identificherà, si crederà opportunamente malato e si curerà, cioè andrà volontariamente a sezionarsi il cervello ingurgitando galassie di simpatici farmaci lobotomizzanti, andando a finanziare la benevola Big Pharma.

Pessimistico?

Impasticcato!

Dietrologista?

Vintage!

Sto leggendo “Giallo Pasolini”. Non riesco a capire perché persone intelligenti, colte, qualificate, hanno paura di “scovare scoop pescando nella dietrologia”.

Per dietrologia intendono “complotti”, “cospirazioni” ecc.

Chi mi ha seguito in passato sa bene che per un buon annetto – facciamo due - anch’io mi sono sparato la mia bella dose di David Icke, Massoneria, alieni, Illuminati (quelli stronzi, mica i risvegliati), quanto è racchiuso nel vasto campo semantico del Nuovo Ordine Mondiale.

Brrr, riscrivere quel nome da i brividi.


Ciò che non mi va giù è perché molti giornalisti d’inchiesta – la maggior parte – temono di essere bollati come paranoici, fanatici della cospirazione, quando analizzano fatti di cronaca seguendo percorsi alternativi discostandosi dalle varie “versioni ufficiali”, confezionate ad arte dal Sistema, per spiegare certi avvenimenti.



Ps. (anche se “pre” più che “post”; è ancora presto): se soffrite di stitichezza vi consiglio di mangiare pizza fatta in casa da voi stessi, soprattutto se non l’avete mai fatta.

Altro che imodium.

Sono alla 6° tappa al cesso.


Le “versioni ufficiali” di omicidi, attentati terroristici, stragi, scandali politici (o d’altro genere) sono sempre costellati di macro buchi, fanno acqua come uno scolapasta preso di mira dal solista del mitra.

Se uno ha un po’ di cervello, possiede discrete capacità logico-analitiche E SA USARLE SENZA TIMORI si renderà presto conto che ci raccontano un mare di cazzate, senza neanche prendersi la briga di renderle credibili – almeno per un bambino di 6 anni.


Le versioni “dietro” – non molto spesso; è pieno di spazzatura (tutta politicizzata, sia di DX o SX) – sono plausibili, dettagliate, esaurienti, coerenti. Logiche.


Vengono fatti collegamenti tra organizzazioni, fatti, persone apparentemente lontane tra loro. Vengono sviscerate “questioni di poco interesse” , episodi “sconosciuti” relativi al caso in esame di fondamentale importanza che i giornalisti mainstream ignorano.


Perché viviamo nella paura del giudizio degli altri?


Mi faccio tenerezza da solo quando ripenso sadicamente ai miei sedici anni: - A me non me ne frega un cazzo di quello che gli altri pensano di me.

Tolti tutti quei “me” autoreferenziali, rimane una canzoncina intrigante che in tanti abbiamo intonato senza però farci i conti. Senza guardare in faccia la realtà.


Perché siamo schiavi di come ci vedono “gli altri”.

Pensate un po’ che controsenso: le persone com’ero io, come sono ancora molti di voi, duri e puri dal cuore anarchico, ai quali non frega un cazzo di cosa pensano gli altri, guarda caso, siete anche le persone che “a me gli altri stanno sulle palle”.

Se uno mi sta sui coglioni, prima cosa non mi interessa cosa pensa di me, seconda cosa ben venga se pensa male di me; il fatto che la mia esistenza possa nuocere alla salute di uno che reputo stronzo mi fomenta, m’incita a esistere sempre peggio, soprattutto nei suoi confronti.

No, scherzo.

Ma anche no.


Perché ho fatto questo discorso?

Perché anch’io mi sono rotto le palle di vivere nella paura degli altri, nel terrore di sentirmi sbagliato (anche agli occhi di me stesso).

Iscrivermi al corso di scrittura, forse, sarà una strategia per autorizzarmi a non avere più paura.

Ad affinare il mio talento.

E a vivermi la vita serenamente.

Voi che dite?

Tanto non me ne frega un cazzo di cosa pensate voi.


Scrivo un blog pubblico… eppure non me ne frega un cazzo di cosa pensano gli altri.

Ho inserito l’opzione “commenti” per sapere cosa gli altri pensano del mio lavoro.

Anche se non me ne frega un cazzo.

Coerente la vita, eh?

Che ve lo domando a fare… tanto sapete.

Anzi, no.

Non sapete.

Gli altri non sanno e non capiscono un cazzo.

Gli altri scrivono libri interessanti.

E a me non frega un cazzo.

Plausibile.

Perfetto.

Vai con dio.

Andate con dio.

E saccheggiatelo; le risorse non gli mancano di certo.

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