lunedì 27 maggio 2013

TRASH SNACKS FANNO IL GIRO D'ITALIA

E 'sta settimana il blog arriva in ritardo (dopo che la scorsa l'ho saltato).

Sono costipato.

Le cose non vanno male come sembrerebbe, soltanto che mi sento scosso, agitato-a agitato-o come un acido-o, uo-uo-u.



Ricordate i Prozac+?

Che fine avranno fatto?

Di sicuro sappiamo cosa usano per mantenere un(o) (pseudo) equilibrio.



La settimana scorsa, giusto lunedì, quando avrei, “avrei” dovuto aggiornare il blog, è successo un accadimento tanto naturale quanto strano, assurdo, bislacco e bistrattato.



Nel mio ridente paesino, Valeggio sulla Minchia, è passato il giro d'Italia.

Fin qui tutto bene.

Normale, no?



La cosa anormale è che pochi (compreso il sottoscritto) sanno che i ciclisti sono solo un infinitesimale di un puntino sullo sfondo di ciò che realmente è il giro d'Italia, perché biciclette, medaglie, maglie da froci e gloria vengono dopo l'ultimo degli ultimi problemi che la gente che organizza questa manifestazione si pone.



Come tutti gli sport di alta categoria, il grande evento-manifesto in sé (come potrebbe essere il super Bowl per il Football e, appunto, il Giro d'Italia per il ciclismo) è soltanto un escamotage per rincoglionire e avvelenare fisicamente e psichicamente le persone che li seguono.



Esagerato?

Paranoico?

Il solito pessimista adolescenziale mai cresciuto.



Senti un po' qua.



Mio padre, da amante dello sport in generale (conosce TUTTO) si guarda tutte le sante volte oguna delle tappe che trasmettono in tv.

Per osmosi, negli anni è capitato che anch'io vedessi qualcosina del Giro. Erano quelle immagini confuse che mi accompagnavano nel tragitto dalla mia (vecchia) stanza da letto sino all'uscita (2,5m .ca).



Da ignorante totale sapevo soltanto che era un giro, che si svolgeva in Italia, ed era basato su persone (chiamate “ciclisti”) vestite con pigiamini-mosaico sponsorizzanti, che fanno di tutto per tagliare un traguardo, in sella a piccole, leggere biciclette sfreccianti a velocità supersonica.



Lunedì stavo tornando dal supermercato, carico di sacchi della spesa, affannato e rincoglionito dal sole, che picchiava abbastanza tutto bene sì infatti così.



Da lontano un rumore che il mio cervello registra come “distante”, talmente roboantridondante da intendere che si tratta di qualcosa di grosso.



La prima cosa che mi viene in mente sono le mega casse che si vedono ai techno raves dove migliaia di simpatici ragazzi ingoiano tante caramelline della gioia (che poi daranno infelicità ai genitori, costretti vita natural durante a imboccarli con cucchiaino e omogeneizzati).



Lì per lì non ricordavo che A) c'era il giro B) passava per tutta la città.



Lì per lì (n'altra volta) penso a qualche psycho maniaco stile truzzo abruzzese nell'atto di condividere con tutti tutti tutti il suo ultimo acquisto HI-TECH.

Poi, dall'angolo, spunta un gippone con dietro quattro mignottone (inequivocabili) sculettanti, seguite da una decina d'altri gipponi con, sul dorso, persone vestite da pupazzetti del lego, sotto costruzioni di plastica (che poi capirò cosa sono, e che poi condividerò coi miei amati lettori).



Nonostante mi sia ricordato che il cazzo di Giro d'Italia era proprio quel giorno, mi sentivo sgomento come una scatoletta di Spuntì al tonno (ve lo ricordate il celebre Snack? Già a 12 anni scoprii che il tonno reale [sempre in scatola] era un pelino più salutare [sebbene ancor più in là scoprii che nelle scatolette di tonno, solo il 15-20% è tonno, il resto pezzi di balene e delfini capitati nelle reti per caso]).



Arrivo nei pressi di casa.

La piazza principale è completamente, totalmente, integralmente stra iper piena di gente, stand, bancarelle (che differenza c'è tra i due? E sopratutto, esiste?).



Per percorrere venti metri impiego 10 minuti, scavalcando, dribblando, evitando, spallando, talvolta insultando chi mi si buttava addosso come un ariete (cazzo, non è mica il Giro Football d'Italia).



Entro in soggiorno, metto la spesa in frigo mentre mi accorgo che c'è tanto di quel casino che è come se il mio appartamento fosse all'aperto, senza muri, e il divano a due metri dalle casse.

In età più genuina mi sarei fatto una canna e avrei pensato cazzo, un rave casalingo; mo apro la finestra e mi ci flippo.



Sì, a 16-27 anni mi esprimevo abbastanza MTV-Generation (anche se a casa mia non si prendeva, Mtv; in parte mi sono mezzo salvato [con tutto il gaudio dell'universo]).



Siccome la mia signora, asmatica di professione, non tollera il fumo, nel tempo ho preso la buona creanza di fumare fuori casa, talvolta sulle scale, talvolta in strada; fumare in strada significava fumare nel Giro.



Vabbe', ho detto accendendo la sigaretta e muovendo dieci passi dal portone, vediamo che succede.



Dieci passi dal portone vuol dire essere al centro della piazza, nel nucleo del cuore della bolgia.

Ci sono i pick up che sponsorizzano marche di biscotti per umani, ragazze svogliate che incitano la folla ad esultare, sorte di bodyguards che girano sospettosi, minacciosi, con l'auricolare saldato nelle orecchie, per dare l'illusione che sia tutto sotto controllo ('codio, dove sono i talebani quando/dove servono?!), un mega palco montato sopra un pick up biblico sopra il quale un'altra scosciata (questa però è figa sul serio; mi sa che è una diggèi di Radio 101) che, anch'essa, incita la folla ad alzare le mani, divertirsi, ed il bello è che in questo momento tutto l'universo potrebbe essere in pace, sereno, di conseguenza felice, tranne che in un puntino isolato dove regna il caos, lo stordimento, e nientepopodimenoche infelicità allo stato siderale, puro, scarno, viscerale.



Ed è proprio al centro della piazza.



Non c'è una persona, UNA che si stia anche solo sforzando di abbozzare un vago accenno di qualcosa che possa somigliare ad un'alzata di zigomi e allargata di labbra.



Terrificante.



Una piazza in lutto, spenta, morta, mentre la musica lasciava intendere che ogni singolo partecipante se la stesse godendo di brutto, alla faccia della crisi economica, del fatto che la vita, così com'è socialmente impostata, non lascia un'anticchia di Verità per il genere umano.



Altro evento biblico: gli omini coi cappellini sopra i picappìni cominciano a lanciare scatolette di tonno, confezioni di Ritz, Tuc, Nastrine, Gallette Mulino Bianco, bottigliette di Danone da bere, e tutti che si massacrano per accaparrarsi ognuno la sua dose di salute.



Per essere in sintonia con un evento sportivo bisogna mangiare esattamente come mangiano i corridori e gli atleti professionisti.



Prima ho pensato: se un corridore mangiasse anche mezzo grammo di quella merda gli verrebbe un infarto dopo 12 pedalate dalla partenza di 'sto cazzo di giro.



Poi ho pensato: e gli intellettuali si lamentano che non legge più nessuno!!!



Il lato positivo è che la massa non era a casa a rincoglionirsi di televisione.

Grazie al Giro, almeno lì si rincoglionivano all'aperto; ciò che si chiama “disgregare la monotonia della routine”



Altro lato positivo: il discorso della diggèi.

Ho provato a decifrare cosa dicesse tra uno strillato “Su le mani” e un semi bestemmiato implorante “Forzadaaaaaiiiii”, e ho capito che stava accantonando congiunzioni, pronomi, comandi e concetti neanche fini a sé stessi.



Parlare per (oltre) venti minuti senza dire niente di sensato, non è facile; è un po' come un contest hip hop al contrario.



Come sapete, quando due rapper si sfidano in un contest, funziona che lo speaker gli dà un argomento e i due, a colpi di rime, devono insultarsi a vicenda a ritmo di musica, senza troppo sforare uscendo dall'argomento principale, e vince chi riesce a sferrare più colpi mortali all'avversario.



La ragazza sul picàp ha reppato venti minuti, senza rime, senza argomenti, ciononostante sferzando fendenti mortali contro il genere umano, suo acerrimo nemico (inconsapevole e passivo), aggiudicandosi l'immaginario collettivo molto astutamente.



Lì in mezzo mi sentivo come un astronauta nel cosmo, disperso da giorni, che da lontano vede il Major Tom di David Bowie a sua volta fluttuare disperso nel cosmo.

Troppo distante per sentire le mie urla.



Il tempo di terminare le scorte di snack spazzatura, sparare altre quattro-cinquecento cazzate e i picàp ripartono, la diggèi saluta, e via in un'altra piazza a scassare i maròni.



Ecco il giro d'Italia.



Mentre noi eravamo lì ad assistere a questa fiera dell'inutilità i ciclisti sgambettavano da tutt'altra parte.

Ai bordi delle strade (come si vede solitamente in tv), a guardarli e incitarli cinque, sei persone (tutti parenti delle vittime ciclo munite).



Ecco il giro d'Italia: una bancarella di trash snacks e mignotte svogliate.

Questa è l'America.

Anzi, questa è l'Italia.



Ma non voglio lamentarmi, perché comunque abbiamo i santi (tutti morti), i poeti (che scrivono a tempo perso, quando non lavorano nei call center) e i navigatori (tutti albanesi, e pescano cozze abusivamente).



Abbiamo il sole (che fa venire tumori alla pelle), abbiamo i mandolini (che da quand'è uscito Guitar Hero non si incula più nessuno), abbiamo il cibo migliore del mondo (come ad es. Spizzico e Burghy), abbiamo il mare (composto dal 95% di scorie radioattive e dal 5% di acqua Danone), e le più belle donne del mondo (rese tali dai più abili chirurgi estetici resi accessibili alla classe media [cioè i poveri]).



Abbiamo le squadre di calcio più forti del mondo (composte da giocatori di un po' tutte le nazioni del mondo, eccetto l'Italia), abbiamo un debito pubblico fantomatico, abbiamo un ottimo PIL (che quando sale vuol dire che la gente sta male e depressa), abbiamo Papa e Deejay Francesco, e abbiamo la Fiat (che produce anche deliziosi cioccolatini allo stesso livello qualità/prezzo delle sue auto).



PERCHE' NON TE NE VAI, PEZZO DI MERDA?

SE CI STAI MALE, PERCHE' NON TE NE VAI?



E chi ha detto che sono venuto sulla terra per essere felice?

Perciò, INSIEME A ME, lamentiamoci tutti insieme, EVRIBADI.



… ho invidiato la ragazza sul picàp; per quante stronzate stesse dicendo almeno, lei, la ascoltavano. E sembrava pure che la capissero.

lunedì 13 maggio 2013

TENNIS E TEDESCHI MOLESTI

C'è il sole, così decido di andare a scrivere al bar.

Ieri è stato un bordello (di gente e personaggi).

“Valeggio veste il Vintage”.

Ho presenziato per un periodo non superiore a 2h, molto di più rispetto all'anno scorso, quando partecipai per la prima volta a questo magnifico evento.

Se non sbaglio, mi lamentavo di come le persone costringessero cagnolini ad addentrarsi in quel puttanaio, terrorizzati, con la coda tra le gambe [i cani, non i vintèig])
Ma mi soffermerei sul tennis.

Grazie a D.F.W. - che, se non s'è capito, amo alla follia, come un fratello - ho avuto modo di leggere parecchio riguardo questo sport.

Poi ho letto la biografia di Agassi.

La mia compagna ha da poco ripreso a giocarci, e mi ha proposto di prendere qualche lezione, così un giorno – forse – potremo giocare insieme.

Non so neanche tenere la racchetta in mano [a lezione l'ho chiamata “chitarra”, mentre stavo spiegando al maestro che non ne so niente di niente.])

Sabato alle 9, ancora rincoglionito dalla bisboccia della sera prima, con in dosso un paio di pantaloncini prestatimi dal barista di fiducia, maglietta grigio topo e Reebok bucate in punta (le usavo per andare a fare volantinaggio due anni fa) mi presento al circolo tennis con la mia bella racchettina (anch'essa in prestito).

È ancora presto. Ci sono un calabrese (Federico - si occupa della manutenzione - sta raschiando la terra) e il suo cane Jack, col quale lego subito. Mentre lo coccolo i suoi languidi occhi marroni stanno dicendo “Proprio sicuro di voler cominciare un'avventura che - proprio proprio doveva esse' - dovevi intraprendere minimo vent'anni fa?!).


Fanculo, cane.


Ho preso la saggia decisione di andarci in macchina, nonostante il tragitto casa-circolo ci sono 10 minuti di cammino che avrei potuto impiegare per fare un po' riscaldamento, visto che è un anno che l'unica attività fisica che mi sono concesso è quella famosa, anaerobica, statica e talvolta bagnata)


Ed è giudizio universale; una valanga biblica di pioggia spessa si abbatte sulla tettoia sotto la quale sto leggendo l'Arena, apprendendo un latro losco teatrino messo su dai nostri amati dirigenti in giacca e cravatta, mentre Federico bestemmia dicendo che gli juventini sono una massa di ladri, che andassero a fare in culo con tutta Torino.

Jack è inquieto.

Federico dice che i tuoni terrorizzano il suo cane.

Mi viene in mente il mio cagnolino alle prese coi botti di capodanno.

Poveri, poveri loro.



Sono tranquillo, il che – a pensarci oggi – è strano. Per uno come me qualsiasi novità è fonte di sgomento e ansia killer.

Eppure la respirazione era regolare e la prova mani ok.

N.B. : la prova mani è un auto test che faccio ogni tanto per vedere come mi sento: apro una mano, di solito la destra, la distendo e vedo quanto riesco a tenerla ferma.


Sono in anticipo, in più so che il maestro non è una persona proprio puntuale, così attacco bottone con Federico e mi faccio raccontare un po' della sua biografia.


È venuto qui al nooord venticinque anni fa. Era un tecnico dell'aeronautica, si occupava di motori. degli aerei, così lo hanno spedito a Villafranca, dove vive da allora.
Si porta attaccata al cuore come un francobollo la passione per il tennis, appena può gioca, anche se non ha mai pensato di fare carriera (non si sa per ché; ciò risulta doloroso, da come dice).

Forse è il tipo “i sogni sono solo sogni; bisogna lavorare per vivere”.


È un discreto tennista.

Dice che per andare avanti in questo sport ci vuole tanta, tanta passione. Come in tutte le cose penso mentre godo del suo accento.

È sempre un piacere sentire altri terroni in mezzo ai polentoni.


Le mitragliate piovane si attenuano.
Ora è più facile capire il che dìse el butèi.


Nel frattempo Jack guarda verso il cancello, come stesse aspettando il maestro anche lui.
E arriva.


Il soggetto è un vero soggetto; la prima cosa che gli sento dire è: - Che tèmpo di mèèèrda. - È robusto, sembra più un buttafuori che un tennista. Da quel che ha detto Federico è un ottimo insegnante solo che è un tipo un po' così, ma che ci vuoi fare, dobbiamo tenercelo com'è.

Ho una vaga idea “cosa” sia il motore di questa affermazione.

Ne avrò conferma a fine lezione.


Alla nostra sinistra ci sono due campi; - Andiamo di là, così non ci scassano le bàle - . Il maestro va in uno stanzino, prende due racchette e un porta palle a rete metallica che ne contiene un centinaio (circa). Va allo sportello elettronico, timbra il suo cartellino, poi Federico, con un ombrello formato spiaggia, ci scorta dalla parte opposta, dove ci sono altri campi.


La sensazione di avere quella terra sotto le scarpe da pace, come fosse sabbia magica, tanto che mi dispiace insudiciarla con le putrescenti suole bagnate, sporche di terra calpestata nel tragitto.


-Hai mai giocato a tennis?
-Non so neanche come si tiene in mano la chitarra; visto? Non so manco come si chiama sta cosa qua.
-Perfetto.
-Sarò creta nelle tue mani; puoi fare di me il cazzo che vuoi.

Ho utilizzato un linguaggio “rozzo” perché ho inquadrato il tipo e posso più che permettermelo. - E poi ho ancora i postumi di ieri sera, ho fatto bisboccia - . Mi guarda: - Ieri sera eravamo in cinque, tutti ubriachi persi. C'era anche la (“nome di ragazza”; non so chi sia) che era marcia persa. Stasera andiamo a un concerto, partiamo col pullman e già lì ci diamo sotto, figurati quando arriviamo.


E qui ho avuto metà spiegazione di cosa intendesse Federico con “è un tipo un po' così”.

Prima occorre aprire una parentesi dislocata perché (come ho detto, mi trovo al bar) ho assistito a una scena a metà (auto)strada tra Lynch e King (Stephen, of course).


Arrivano 5 ciclisti tedeschi (sembra l'inizio di una barzelletta) d'età compresa tra i quaranta e i cinquanta, portati male, come solo questo nazi popolo di Gunther und Volker mit Gisela possono fare. Pancione e pelli cascanti sono frutto di preoccupazioni sommate ad alimentazione abominevole.


Ordinano 5 cappuccini, 5 espressi... e 5 birre,
Come direbbero qui: VACCA DI'!!!


Non posso fare a meno di sbirciare. È una pantomima o davvero hanno il coraggio di mischiare tre liquidi così diversi e spararseli nel gargarozzo?

Secondo me se chiedessimo a un chimico esperto, ci direbbe che mischiando caffè, latte e birra in specifici quantitativi otterremo esplosivo al plastico.

E li bevono, seguendo un rituale ben preciso; sanno quel che fanno.
Sorso di caffè, mezza tazzina di latte, e UNA CAZZO DI BOTTIGLIA DI BIRRA TUTTA D'UN SORSO.

Poi vuotano la tazzina del caffè nel cappuccino e ingollano tutto.

Torno dentro per farmi fare un'altra acqua e limone.

Vedo arrivare una pancia, seguita dalla protesi umana contro la quale è istallata.

Varcando la soglia, l'affaticato Helmut von Hashahasselshmarcktz espira come stesse facendo un test polmonare. Mi trovo a circa tre metri e mezzo dal suo lancia fiamme e... m'arriva una zaffata letale. Un misto tra il caratteristico odore delle solfatare e la diarrea uscita dal culo della carcassa di uno gnu (divorato dai batteri necrotici) lasciato sotto il sole dell'equatore.

Io sono un discreto, moderato bevitore di alcolici; talmente moderato che il CERN di Ginevra mi ha fatto firmare un contratto – hanno già versato sul mio bancoposta 20.000.000€ - in cui mi sono impegnato a donare il mio corpo all'istituto.
Dicono che vogliono studiarlo per capire come si faccia a rimanere vivi, oltretutto in perfetta forma, con quello che mi sono bevuto (e bevo).


Sono cresciuto tra tossici e alcolizzati docg di tutti i generi.
Conosco 237 tipi diversi di “fiatella interessante”, comprese le varianti alla frutta che solo un abile ed esperto naso può cogliere.

Oggi, Lunedì 13/05/13, dopo anni di cessata attività – pensavo che le mie ricerche fossero volte al termine – debbo necessariamente riprendere il mio vecchio diario di studi e aggiornare la lista: esiste anche una 238a fiatella.


Dovevo aspettarmelo; se quello della profezia di Celestino dice che esiste anche la dodicesima illuminazione, perché non può esistere anche la duecentotrentottesima fiatella?!


Mentre sono poggiato al bancone fingendo di non lottare per tenere le viscere (che stanno smaniando per uscirmi dalla bocca) buone buone, lì dove sono sempre state, entra un uomo con un sorriso luciferino.

Sulla settantina, le mani piene zeppe di tatuaggi. Non ha un millimetro che non sia tatuato.
Guarda i miei tatuaggi.
Io faccio finta di niente.
Poi mi giro.
Non sono tatuaggi.

Immaginate centinaia di solchi neri, geometricamente disposti come fantasie artistiche, di cicatrici e tumefazioni da lebbra.


Guarda la mia camicia hawaiana. - Ti piace il giardinaggio?
Cazzo gli rispondi a uno così. - Tu hai perso i capelli per altri motivi . -

Si gira e se ne va.

E io rimango lì come uno stronzo.

Non come sul campo di tennis.


- Adesso ti lancio un po' di palline. Colpiscile.

Mi muovo come Dumbo sbronzo. Con le gambe compio rotazioni degne di Aldo Giovanni e Giacomo quando facevano “I Bulgari”. Impressionante.


Sono mancino; le palle che mi arrivavano a sinistra, in un modo o nell'altro, le rimando tutte di là dalla rete.

Quelle a destra niente.

Il maestro viene da me, spiega com'è il movimento giusto per ricevere con la sinistra. In men che non si dica ci riesco. L'unica cosa su cui devo lavorare è la corsettina spastica che ancora mi impedisce di essere fluido e risparmiare energie preziose.


Mi spiega il rovescio a due mani.

Wow: riporta. Connetto. Mi riesce subito.

Sono rimasto sorpreso.

Mi tempesta di palline a destra, sinistra, e gliele rimando tutte come vuole lui (“Colpisci me, mandamele addosso”).


Ci si potrebbe scrivere un saggio sulle cose che sono successe sabato mattina, dalle 9 alle dieci.

Ma voglio mangiare la pappa.


Ieri avevo un pochino di acido lattico, sentivo le gambe come elastici sfibrati da lanciafiamme.
Oggi sembro un semi paralitico pentito.
E non vedo l'ora che arrivi sabato.













lunedì 6 maggio 2013

LEZIONI DI FILOSOFIA PER IGNORANTI (tipo me, che sono il Maestro)

Non vorrei fare quello che inizia sempre al solito modo [e allora non farlo, no? COGLIONE!] ma quando m'imbatto in certe perversioni che so che non dovrei guardare [e allora non farlo, no? IDIOTA!] mi scatta come un carnevale di Rio istantaneo, al centro della piazza nello stomaco, e al posto di samba e bossa nova suonano festose imprecazioni incorniciate di tanta saudagi.



Ma come cazzo si fa?

Il papa che si impegna a combattere la pedofilia?

Cosa fa: dichiara guerra a sé stesso?

La prima auto dichiarazione di guerra della storia delle nazioni.

E poi?

Riconverte la sua azienda in una fabbrica di pellami che produce e lavora pellami che poi i cinesi trasformeranno in immortali capolavori (100% italiani) firmati Armani, Versace, Dolce&Gabbana e gli altri brand che ci rendono la miglior nazione sulla Terra?



Ieri c'era il mercato de “Solo prodotti italiani”. Si chiamava proprio così: “mercato de Solo prodotti italiani”.

Sono andato a farci un giretto (era inevitabile; sta sotto casa).

Mi sono guardato attorno, ho capito che intendevano “prodotti biologici italiani”; non “cibo biologico”; i figli biologici di famiglie italiane che vendevano prodotti made in tutto l'universo.



La merce sui banchi non era proprio 100% italiana. Semmai, in parte, lo erano i bancarellari. Quindi era il mercato de solo commercianti (presunti) italiani.



Di italiano c'erano solo i commercianti.

Il prodotto prodotto più nelle vicinanze della nostra penisola era un flauto di Pan che veniva da Singapore.



Ho chiesto a un tizio ascellare con la canottiera dalla quale spuntava una selva oscura di peli calabresi: - Questa roba è tutta italiana, originale al cento per cento 100%? - . Il tizio mi guarda come se fosse sbarcato da Urano (o da Uro-bucoducùlo) e fa: - Sì, 100% màde in ìtali.



Eh?

Se la fanno in Italia, dove si parla l'italiano (in certi sporadicissimi episodi confinati) dovremmo obbligatoriamente dire “Prodotta in Italia”, non “Made in Italy”.



Come chiedere a un inglese del tè inglese e quello risponde: - of còrs, dis is original tì, 100% meid in ingland.

Il te inglese lo coltivano gli indiani in india; di inglese c'è lo sfruttamento.



Perciò ciucciatevi 'sto èrl grei al limone (100% meid in Sìsili).



Sarà per questo che ancora combattiamo guerre?

Perché combattiamo guerre?

Se veramente vogliamo soffrire/far soffrire gli altri non ci basta vivere la vita come facciamo ogni giorno?

Non è abbastanza?



Prendete un bel foglio bianco, tenetelo sempre in tasca insieme a una penna.

Ogni giorno, quando siete felici segnate “ora” e “motivo”.

Se conducete questo piccolo esperimento per (mettiamo) un mese, vi accorgerete che la vostra felicità non dipende dal lavoro che fate, dall'economia o dal vostro rapporto con gli altri.

Dipende da niente; ne avete solo sentito parlare; non l'avete mai sperimentata in prima persona.

È proprio una questione di come approcciate al cancro che è la vostra esistenza.

Non siete capaci di essere felici, ecco tutto.

E magari quando la gioia arriva la percepite come elemento alieno (nemico) e la combattete.

Non è di moda essere felici, ridere fa venire le rughe (ecco perché più del 123% delle donne oggigiorno ricorre al chirurgo antiestetico).



La felicità è un'arte alla quale non siete abituati.



E dichiariamo un'altra guerra.

Coi soldi spesi per combattere la 2a guerra mondiale ci si poteva sfamare-sdebitare-far prosperare tutti i cazzo di abitanti del pianeta.

Invece hanno speso quei pezzettini di carta per comprare pezzettoni di acciaio e distruggersi a vicenda.



Ma posso capire; lo stesso Dio della chiesa (quello che si sta impegnando insieme al papa per combattere la pedofilia) è anch'Egli a favore della pace, e conosce come si fa ad avere la pace.

Come tutti noi, anche Dio ha imparato questa grande lezione di vita dal cinema.



Come ci insegnano i macho film di Hollywood: “Se vuoi la pace, prima prepara la guerra”.



È altissima filosofia greca.

Vi torna?

Certo:



Se vuoi una gravidanza, prima prepara un aborto.



Se vuoi un'operazione chirurgica, prima fai andare in cancrena l'arto interessato.



Se vuoi la massima tenuta di strada, prima prepara una bottiglia di grappa.



E così via, via, a dar' il culo per strada.

Se continuiamo a commettere gli stessi, identici-medesimi-uguali errori, da secoli, la nostra specie, intellettualmente iper evoluta, non ha ancora sbagliato abbastanza per rendersi conto che così non si va da nessuna parte.



“Dove stiamo andando?”.

So solo che per fare un ottimo viaggio prima devi dirottare l'aereo (stando alla filosofia dei grechi di ollivud).



Una volta un comico disse: - La Filosofia è un modo poetico per dire “checcazzo ne so io?!”.

Eppure mi pare che tutti abbiano capito tutto di tutto.



D'altronde, se vuoi comprendere tutto prima devi scordartene metà, no?

… mica ci vuole tanto a essere filosofi.



COME SI FA A PARLARE DI FILOSOFIA SENZA DOVERSI SORBIRE 600 E ROTTE PAGINE DEL PLURIPREMIATO E PLURI VENDUTO “IL MONDO DI SOPIA” (senza “H” fa più greco avangàrd) DEL CELEBRE GIOSTEI GARDER ?



Ve lo insegno io, che l'ho fatto per anni.

Vi giuro sulla testa di Afrodite che dall'età di 15 anni a l'altro ieri l'altro ho discusso di filosofia con laureandi in filosofia, professori di filosofia, filosofi tesserati all'albo e filosovietici, senza aver mai aperto un libro di filosofia (tolta qualche frase attribuita a Nicce letta dietro le bustine dello zucchero e gli aforismi di Federico Rampini [è un filosofo, vero? Ah, no, è solo una testa di cazzo invecchiata male; scusatemi] non conosco praticamente un tubo di Pandora).



Lèz stàrt uìt e lèsson òv filòsofì, uanàndred for uanàndred persènt mèid in ìtali.





LEZIONE DI FILOSOFIA PER NEGATI (MODULO 1)



Se non sapete un cazzo di filosofia non vi sognereste mai di cominciare una conversazione “filosofica” con un esperto o un presunto tale (a meno che la ragazza che volete rimorchiare vi sembri abbastanza rincoglionita da apprezzare tutte le minchiate simil-eroico-gladiatorsche-distocazzo che state per inventarvi lì sul posto mentre il bicchiere di Long Island che avete in mano giunge agli sgoccioli alla velocità della vostra presunta creatività).



Sarà lui, l'esperto, a cominciarla (probabilmente perché non sa disquisire di questioni concrete, e preferisce rimanere sul meta-astratto).



PRIMA REGOLA = MAI FARE LA PRIMA MOSSA



SECONDA REGOLA = ASCOLTATE ATTENTAMENTE OGNI DETTAGLIO E PAROLA CHIAVE



TERZA REGOLA = NON FORMULATE MENTALMENTE ALCUNA RISPOSTA PRIMA CHE IL SAPIENTE ABBIA TERMINATO IL SOLIPSISMO.



La prima regola non necessita di spiegazioni.

La seconda riguarda l'utilizzo delle orecchie e degli “spiegel neuronen” (vi ri-giuro che non me li sto inventando, se li sono inventati i neuro psichiatri laureatisi a “ScuolaDomani”) cioè i “neuroni specchio”, quelli che ci fanno assimilare le abitudini, i modi di dire e di fare degli altri, cosicché poi potremo subdolamente ricopiarli/riproporli (inconsapevolmente), e arrivare a guardarci allo specchio e sentirci “originali, unici, irripetibili”.

Speciali.



Il punto di forza della vostra ignoranza è che voi non sapete niente, lui presume di sapere tutto.

Se sapete sfruttare a vostro vantaggio l'ignoranza diverrete pericolosissimi.

Quando ascoltate dovete usare quella particolare fascia neurale per memorizzare paroloni (che magari neanche conoscete ma dei quali potete intuire il significato), nomi e associazioni [ad es. “quando questo sapientone parla dell'argomento “X” lo accosta spesso ai concetti “z”, “q”, “k”, il che significa che nella sua testa sono strettamente correlati, perciò posso parlare del rapporto tra (mettiamo) “k” e “q” in modo da sottintendere che sono fottutamente correlati a “X” per volere divino, così l'interlocutore avrà l'impressione che conosco talmente bene la materia da essere arrivato a formulare pensieri collocabili 3 livelli sopra il livello dell'argomento stesso”], perché ciò che farete non sarà altro che RIVENDERGLI LA SUA STESSA MERCE, soltanto che non se ne accorgerà, e vi spiego perché: quando una persona del genere parla, la ragione è sua, soltanto sua, non perché disponga della “Verità” ma perché... è egli stesso a enunciarla.



Ci credete?



Ho condotto esperimenti antropologici dettagliati: questo è quanto ne è risultato.

C'era uno di questi tizi sapienti che mi stava illuminando (al contempo facendomi due coglioni come patate americane) sulle differenze tra IUNGHIANI (che sono psicologi niuèig) e LACANIANI – che sono una corrente di psichiatri animalisti che usano la stessa lacca spray della Montalcini (quella realizzata col principio attivo della Bomba H) – e stavo mettendo in pratica le tre regole, ma non c'era verso di inserirmi, perché ciarlava e ciarlava senza ascoltarmi.

Vabbe', mi sono detto, sarà per la prossima volta.

Appena il tizio se n'è andato ho preso un foglietto, ho riscritto quasi integralmente ciò che aveva detto.

Siccome la conversazione era appena avvenuta ricordavo certi termini ricorrenti, come li aveva pronunciati, come muoveva le mani in certi punti.



L'ho rincontrato 2 settimane dopo al bar. Mi siedo al suo tavolo ed esordisco: - Sai, chi ho pensato alla storia dei LACCANIANI e IUNGHIANI e non mi ha convinto - .

Poi ho passato i seguenti 10 minuti a ripetergli parola per parola quello che mi aveva detto 14 giorni prima, enfatizzando le stesse parole che aveva enfatizzato lui, sottolineando specifici aggettivi qualificativi col suo medesimo movimento delle mani, della testa e del bacino, persino venendomene nei pantaloni (chiamasi “botta d'ego”) quando lui aveva bagnato i suoi auto compiacendosi del suo stesso sconfinato acume.



Sapete che ha detto?

- Con te non ci parlo. Parli per sentito dire; queste sono un ammasso (e scusami se sono franco) di stronzate pressappochiste dette da uno che probabilmente ha solo “sentito parlare” dell'argomento.



Visto?

Non è tanto che senza rendersene conto mi ha detto ciò che pensa di sé stesso; è stata la prova che dimostra la mia teoria, cioè: “'affanculo il messaggio; ciò che conta è il messaggero”.



E a proposito: se vuoi avere un messaggio prima prepara una lettera all'antrace e spediscila alle maggiori compagnie di telefonia mobile.



Nel frattempo ho anche spiegato la TERZA REGOLA ma, per esser un pelo più chiari ve la ricordo.



TERZA REGOLA = NON FORMULATE LA RISPOSTA ANCOR PRIMA CHE IL SAPIENTE ABBIA TERMINATO IL SOLIPSISMO.



A chi sta parlando non frega un cazzo di ciò che pensate, se siete d'accordo o meno; voi siete solo il suo pubblico, gli dovete il massimo rispetto.

Voi esistete lì solo per dare al sapiente l'opportunità di divulgare ai comuni mortali il Suo grande messaggio, che cambierà il corso della storia umana.

Perciò dovete ascoltare fino in fondo senza ragionare, supporre, presupporre, prestando la massima attenzione a quanto detto sopra.



LEZIONI DI FILOSOFIA PER NEGATI “AVANZATI” (Modulo 2)



Bravi, se siete arrivati vivi fin qui siete tenaci, saturi di autentica grinta che non vi fa mollare mai.



E avete vita sociale pari ad un atomo di cervello d'ameba.



Non disperate: il buon Padre del Signore Jessucrishto ci ha messo qui a pascolare a vuoto così da pentirci dei peccati compiuti dai nostri bis tris bis alla quinta trisavoli nonni dei nostri nonni dei nostri nonni – a loro volta schiaffati qui nonostante la fedina penale dell'anima pulita (non avevano peccato) ma si sa, il Signore fa le cose, poi ti dice che non devi fare certe cose e lo fa perché sa già che tu le farai così lui può crearsi lavoro supplementare.

A essere onnipotenti ci si straccia i maròni.



Abbiamo visto nel modulo precedente quanto sia efficace la tecnica di ascoltare quanto il filosofo dice e poi rivenderglielo a parole tue.

Così agendo non ci saranno vincitori ma almeno farete bella figura.

E la conversazione potrà procedere.



In questo modulo tratteremo come SFERRARE COLPI; se il primo modulo insegna a intrattenere una conversazione degna di tal nome senza sapere un tubo di checcazzo si sta parlando, il secondo suggerisce come competere con l'interlocutore.

Pensate che potreste persino “vincere”, cioè far contraddire l'avversario, farlo rendere conto che sta dicendo solo un mucchio di stronzate e che in realtà il suo unico scopo è dimostrarvi/dimostrarsi di avere ragione, mica gustarsi il piacere di condividere un sapere ed esserne appagati, il che manderà in orbita il vostro ego di 1000 anni luce.



Pensate che bello: dimostrare di sapere il fatto vostro (che non conoscete) a uno che pensa di conoscere il fatto suo, raccontarglielo ineccepibilmente e lasciarlo a terra, disarmato e inerme.



È l'aspartame della vita!



Questo modulo viene anche chiamato (non dai filosofi, che lo disconoscono) “MODULO SOTTOSOPRA”.



PRIMA (e unica) REGOLA: DI' SEMPRE, SOLO, IL CONTRARIO DI QUANTO HAI ASCOLTATO.



Ogni verità è egualmente vera quanto il suo contrario; non chiedetemi perché funziona così. Chiedetelo all'architetto celeste che ha programmato le leggi metafisiche che governano la nostra esistenza.



ESEMPIO PRATICO:



Se l'avversario dice “... sì, perché...” voi gli sferrate un jab di “... no, in quanto...”.



Se l'avversario sostiene “... l'insostenibile pesantezza dell'essere”, per conquistare una buona vittoria dovrete necessariamente controbattere con “... l'ammortizabilissima leggerezza del non essere, che secondo gli anti scekspiriani non è un problema, ne per Falstaff ne per la zia dell'astronauta”...



Se l'avversario dice “... puoi vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto”, mettetelo a tacere con “... comunque è un cazzo di bicchiere che contiene la metà di ciò che può contenere, e per completare l'opera bisogna riempirlo di un'altra metà, che grazie al cazzo è vuota, sennò non era mezzo pieno o mezzo vuoto ma si limitava e essere un bicchiere interamente pieno di stronzate, perciò non aggiungere aggettivi per raccontarti palle: mezzo pieno o mezzo vuoto rimane META'”.



Non è mica detto che perché uno nasca con un pene che non lo soddisfa debba per forza essere condannato all'oblio dell'auto commiserazione perpetua.



Il mondo è il nostro parco giochi, è pieno e di tantissime giostre, tutte gratuite.

Perché continuare a girare su una soltanto, quando possiamo fare mezzo giro su ognuna di esse (a patto che il giostraio ci faccia salire sulla sua giostra mentre stringiamo un bicchierino tutto pieno fino all'orlo, mica vuoto, di Fanta e Sprite)?



La filosofia è stata inventata per questo: mettila come la metti, tanto te l'hanno già messo.