lunedì 25 giugno 2012

BREVI INTERVISTE A ITALIANI PIETOSI

Sto leggendo “Brevi interviste con uomini schifosi” (d’ora in poi B.I.A.U.S) di David Foster Wallace (D.F.W.), raccolta di ipotetiche interviste-saggi-brainstorming particolari, davvero molto, molto particolari.



Oggi scriverò le “mie” di brevi interviste, con lo scopo di rispolverare una tecnica di scrittura che usavo spesso per dare voce alle voci nella mia testa, devo dire con effetti…



Fate voi.

Come se poteste.



Fidati di te stesso, non accettare caramelle dal tuo sé, potrebbe essere droga sconosciuta datati da uno sconosciuto.



La droga fa male, non fa bene, lo dice anche il Papa.



Una caramella corretta sbagliata potrebbe costarti intere zone del cervello, sì, magari ti si brucerebbero aree inutilizzate, potresti dire cazzo me ne frega, ne avanza altro, però, tieni conto, tienici in conto che la mamma s’arrabbierebbe di brutto, e tu per il dispiacere arriveresti a fare cose inimmaginabili - vedi “Tesserarsi a circoli ricreativi per giovani cristiani” o “Dedicarsi a un hobby(t) - senza aver mai neanche visitato la Terra di Mezzo - anziché dedicarti a costruttivi passatempi”.



Per tener fede al testo di riferimento - “B.I.A.U.S” di D.F.W., pubblicato da E. divulgato dal quel P.D.D.P – le Domande dell’intervistatore verranno identificate con la lettera “D.” - parlare di “acronimo” sarebbe come inveire contro Geronimo fautore del Deuteronomio - e non verranno mai svelate, mai, per nessun motivo al mondo, neanche se gli americani s’inventassero un ipotetica invasione aliena come scusa per gettare il pianeta terra nel terrore, dichiarando lo stato di emergenza internazionale, unire tutti i popoli sotto un unico governo e instaurare la tanto ambita Dittatura Mondiale (vedi “Fottuti da E.T. e dai parenti di Spielberg).



Sarà una serie di risposte a domande che non vedrete.

Un po’ come succede nella testa di miliardi di individui che vivono rispondendo a nessuna domanda.



1) INTERVISTA AL SIG. L.P. OPERATORE DI CALL CENTER.



D.

R: - Be’, sì, insomma, dài, non posso dire e non possono loro dire che non ho prodotto, cioè, i conti tornano, rientrano nel budget, insomma che ce ne importa, lo faccio sempre io, batto sempre io, IO il record settimanale, mica quel perdente liggiù della scrivania 6, e mo, per una volta che non riesco a raggiungere l’obbiettivo mi ti viene a rompere i coglioni con “eh, perchéééé…” con quelle E aperte milanesi di merda ehhhh l’azienda, i sogni, la produzione, i sogni di produzione, tutte quelle parole vuote là, il marketing manager il bilancio della vita manager oh, ohhh, ma cazzo vuole, cioè, vinco sempre io l’obbiettivo raggiungendo l’obbiettivo poi una volta che non lo raggiungo mi raggiunge le palle e ci balla sopra…?



D.

R: - Sei d’accordo con loro? L’intervista è una fuffa per capire se baro e vi imbroglio? Lei assomiglia al direttore… non è che è suo fratello? In quel caso, le va un caffè? La macchinetta lo fa meglio del bar, sì… cioè… non è proprio il bar che fa il caffè, è la macchinetta mossa, azionata dall’extracomunitario che ci sta dietro… lo vuole? Lei è un tipo dinamico, quindi un uomo da ginseng, vero? Dicono faccia bene a… no?



D.

R: - Vero, è lei fa le domande, io sono solo l’umile callcenterista che le risponde… eppure ha una faccia conosciuta. Ma lei è dei sindacat… vabbè, scusi.



D.

R: - Dice che ho un “problema d’autostima”, così lo chiamano, problema-d’-auto-stima, significa che non credi in te stesso. A casa mia non credono manco in dio. Ti insegnano a credere in dio prima a scuola e al catechismo, poi al lavoro - solo che lo chiamano “azienda”, “obbiettivo”, “guadagno”; forse sono politeisti - però se non te lo insegnano a casa (a credere in dio, cioè), non lo impari, non lo imparerai mai, e se non impari a credere in dio, perché dovresti credere in te stesso? Non sarebbe come passare un gradino sopra a dio? Cioè, no, dico, non credi in dio e credi in te stesso? Sì, la pianto con le domande, anzi, poi, chi mai se l’è fatte tutte ‘ste domande, lavoro da quando ho 15 anni, il tempo è denaro, le domande sono interrogativi e gli interrogatori li lasciamo alla polizia giudiziaria.



D.

R: - No, macché. Dicevano che non ero portato. Io volevo fare l’artistico, mamma diceva dopo cosa fai, dipingi i cessi dei presidenti e degli avvocati? Io il talento per i disegni e dipinti ce l’avevo. Sempre preso ottimo in artistica. Ci dava da disegnare seguendo gli impressionisti? OTTIMO. Ci dava da disegnare lo stile cubista? OTTIMO. Per compito in classe dava da disegnare come l’astrattismo? OTTIMO… vabbè, quella volta l’hanno preso tutti un bel voto, bastava tracciare linee a cazzo, tanto andava sempre bene, “è astratto”, dicevamo, e la professoressa si beveva il caffè senza mai ridere. Ci dava da disegnare come i futuristi? OTTIMO. Ci dava da fare la verifica con le risposte aperte sul dadaismo? Li non sapevo un cazzo, forse è vero, non ero portato…



D.

R: - Mai fatto uso, a parte tutti i venerdì, sabato, e domenica pomeriggio a casa di zio Tarcisio. Influiscono. Influiscono sulle prestazioni. Direi assolutamente positivamente.



D.

R: - Effetti collaterali. Chi c’ha tempo per pensarci?! Il mese scorso ho preso 800,00€, OT-TO-CEN-TOH. Io direi che hanno Effetti Ricreativi, con ottocento euro sono riuscito ad andare in discoteca. Ti rendi… si rende conto? A ballare una volta in 3 mesi è un record.



D.

R: - Mettere su famiglia… cioè… no… forse non ho capito la domanda. Posso… sì, insomma, dire la mia, tipo ruota libera? Bene… da dove comincio… ah. Io non penso che sia proprio obbligatorio, che ti prendi una per mano, ti dai i bacini, ci ciuli un paio di mesi, ti sveni, mangi pane e cipolla altri sei mesi, entri dall’orafo, poi vai a casa o al ristorante (minimo altri 200€), le dai l’anello, vai nella casa di uno che non credi – come non credi in te stesso – e di fronte a questa persona che ti dicono esiste però non l’hai mai visto – anche se c’è da dire che spesso ne ho subito le ire durante la mia vita – e fai una promessa che dura finché morte non ti separa dall’altro, poi ci devi fare minimo N°1 bambini – minimo – e poi devi andare tutti i sabati a riempirti il carrello di cagate alla Coop, e più ti girano i coglioni più quello nel fagotto piange, tua moglie fa altrettanto, e tu inizi a sperare che la morte vi separi senza il non – intendo il “non” di “morte non vi separi”.



D.

R: - Provo a dirla meglio. All’età mia, da scopare c’è n’è ancora tanto. In teoria. IN TEORIA. Sì, se metti la pancia e quelle menate là non te la fanno annusare manco ai test allergenici per i pollini… sì, nel senso, quell’odore di – si può dire? – di Fica se sei un cesso non lo senti manco col cannocchiale, cioè, no, non è che con gli occhi senti (a distanza) un profumo che spetta al naso… capito?



D.

R: - Vacanze? E chi c’ha tempo? L’obbiettivo mensile non dorme mai.



2) INTERVISTA ALLA SIG.RA P.A. BAR[R]ISTA



D. (dopo una D. non tanto pertinente/utile alla continuazione dell’intervista).

R: - Me lo dicono tutti, grazie.



D.

R: - Ho cominciato nel settore barrista proprio all’inizio della mia “carriera” se si può dire che è una carriera quando lavori fuori della televisione del Presidente.



D.

R: - Eccerto che ho votato per lui, i comunisti sanno solo promotere l’odio, lui invece è per l’amore per la libertà. Loro non sanno cos’è la libertà, Lui ce la fa vedere ogni giorno su 3 canali televisivi non stop ventiquattro ore su ventiquattro sette giorni su sette di tutta la settimana senza mai un giorno di vacanza.



D.

R: - De-mo-cra-zia. L’avevo studiato, quando andavo tra i banchi di scuola. Democrazia. Dem- Demos- Demoni… e poi crazia era… porn…ocrazia… no, ahaha, non centra, è impossibile “demoni che girano film porno”, però quello di Siffredi, lì, il film artistico della regista artista francese non l’ho mica capito, “Pornocrazia” si intitolava, sul Digitale Terrestre, l’ho visto tutte 14 le volte che l’hanno trasmesso fatto vedere sul Digitale Terrestre, ore 22:30, Canale non mi ricordo (mica sono una cima con la memoria).



D.

R: - Io penso che i valori della famiglia… no, aspetta un attimo. I valori che io penso giusti sono quelli… be’, sì… quelli giusti. Quelli di tutti quelli che lavorano, delle genti oneste, le persone che pagano le tasse che sono per la libertà di stampa, non i comunisti senza dio con l’odio sempre a promuoverlo con le bombolette sui muri imbrattati di rosso, coi gazebi al centro tutti i sabati e la magistratura rossa – pure se vestono a tipo funerale di nero - , la magistratura rossa lo sta sempre a condannare per ogni volta che mette il naso fuori Arcore per andare a fare il bene e l’amore tipo la volta coi terremotati aquilini.



D.

R: - No, forse non sono stata spiegata. Andava a portare l’amore. Ma di che, ma de che? Quella è una storia del conplotto comunista, il bunga bunga, che si e scop… che ha avuto violenze carnali con la minorenne che ce l’hanno messa lì apposta come agente in copertura che faceva finta per poi dire ai giornali che Silvio me l’ha messo a pagamento per sputtanarlo all’opinione pubblica della gente che lavora, la gente dei valori che dicevo alla domanda prima (se sì ricorda… penso lei di memoria sarà forse un po’ più dotato di quella qua, io, che alla fine sono solo una barrista in un bar manco al centro, capirai).



D.

R: - Il mio motto...? MOTTA! Sì, la Motta degli chalet quand’ero bambina. Alcuni pure adesso. Boh, non lo so, sono pure allergica ai latticini, gelati non ne posso mangiare, fanno ingrassare, contengono grassi poli… polivalenti, quelli del colesterolo cattivo, quello della ciccia sulle cosce e sui fianchi, obesità a pera, sì, insomma che però non ce l’ha quello della pubblicità della Marcuzzi, lei ne mangia almeno 6 al giorno ed è sempre in forma, anche se ha partorito, invece di mettere su peso è dimagrita, ahahah, il contrario che succede alle donne “non di spettacolo”, perché quelli hanno tutto un mondo loro, pare fatto al contrario, cioè, mia cugina ha fatto un figlio e un figlio vuol dire mettere su almeno 10 almeno almeno 10 chili, mentre Alessia li ha persi dopo averlo partorito, il figlio. Quelli c’hanno i treiner personali, ti dicono “mangia questo, questo sì, quest’altro no” tipo appunto i gelati Motta e tutti i cibi che fanno metter su massa grassa malvagia.



D.

R: - L’attività fisica è molto importante, lo faccio tutti i giorni…



D.

R: - Ahhh. Ahahaha, mi scusi, è l’agitazione da prestazione. La ginnastica aerobica intendeva. Sì, faccio pilates quando esco dal lettino solare, tre volte a settimana. Ci vuole essere sempre in ordine in forma, sennò i maschi manco ti guardano, già che non sei nelle reti televisive sono 1000 punti persi, se sei pure grassa due, tre chili oltre il limite del peso corporeo stabilito non ti dico, rimani zitella a 24 anni, mica no.



D.

R: - Programmi per il futuro? Martedì fanno le eliminatorie sia di “Amici” che di “Grande fratello”, poi mi sembra venerdì…



D.

R: - Ahhh i programmi MIEI. L’ho detto. Se ci avevo un programma mio mica stavo a fare i cappuc… ah, no. L’ho detto, come a scuola, è l’ansia da penetrazione. I programmi di cosa vogliio fare nel mio futuro. Sì. Non ci ho ancora pensato al futuro. L’ho visto sere fa, canale non ricordo, ma poi mi sono annoiata, era un film vecchio di almeno cent’anni, c’era quell’attore che poi è morto tremando qualche anno fa – veramente non mi ricordo se è morto o se c’aveva solo il parchinson – che faceva le corse con le automobili volanti, tornava indietro nel tempo poi però sua madre si innamora di lui e lui non ci può fare niente – anche se si vede che una tampinata gliela darebbe, legami parentali o no – e deve salvare il suo futuro e io non ho capito perché si chiamava “Ritorno al futuro” se lui ritorna nel passato anche se non lo aveva vissuto lui ma il padre che l’aveva fatto…



D.

R: - Lo psichiatra? Io? Sì, una volta mi ci hanno mandata, dallo psicologo. Sono durata 3 sedute perché il rapporto con lo psicologo s’è fatto subito intimo, poi zone intime, dove lui cominciò a mettermici le mani già alla seconda seduta. Disse che non se la sentiva di avermi come paziente perché con me ci aveva qualcosa in più da condividere - e se me l’ha condiviso – così poi mi ha sbolognata a un suo collega – che è andata più o meno com’è andata come lui. Questi psicologi pensano solo a quello… e pretendono di curare la testa delle persone malate? Nei film che ho visto i matti, i malati nella testa pensano a distruggere, correre con le auto dove non si può tipo marciapiedi e centri commerciali, mica stanno sempre solo sempre a pensare a quello fisso, dalla mattina alla sera, “Eddai, solo una mano qui, una toccata veloce”. Oh. OHHHH, mica siamo più all’asilo, mica possiamo “giocare al dottore”, tu sei un dottore vero, mica puoi metterti a giocarci. Fallo, fallo e basta il dottore, però sul serio, che se sei psicologo mica mi puoi fare il lavoro del ginecologo senza nemmanco i guanti, e che cazzo – scusi se mi sono permessa… è che lei è molto carino… non è che per caso fa l’avvocato?



D. (esasperata, detta con un filo di voce, come se l’intervistatore sia sul punto di spirare sul posto).

R: - Io non ci ho capito niente? È lei, lei non ci ha capito niente. Mi fa delle domande sceme che io le do la cortesia di rispondere correttamente bene e lei mi si mette a fare le avàns che potrei pure denunciarla per “scusa di intervista per trombare” che è una cosa subnola, cioè, che con la scusa “ti faccio un paio di domande” prima mi fai un paio di palle tante poi cerchi pure di rimediarci qualche ravanata là.



D. (che dovrebbe essere riportata, in quanto, più che domanda è una richiesta d’aiuto rivolta a divinità del pantheon greco, formulata dall’intervistatore in stato semi confusionale, mentre cerca di far capire all’intervistata che tutto il malinteso è stato architettato dall’intelligenza più o meno – più meno di meno – inferiore dell’intervistata).

R: -Tanto lo sapevo, i maschi sono tutti uguali. Pensano solo al pallone, alla motocicletta e alla verga, come il poeta dei Malasfoglia, del “Il Mastro Don Mazzi”, lì, l’han fatto studiare obbligatorio alle medie, manco questa mi ricordo, cazzo ne so io, scombustolata, che per una volta ci credo che uno si interessa veramente per davvero a me poi mi si mette a fare le domande sempre più personali, sempre più intime, poi dalle intime passa direttamente all’intimo senza passare per una cena, che so, un invito galante al cinema del multisala… niente più romanticismo. Ecco. Voi maschi siete tutti… come si dice? Voi uomini siete cazzo-centrici.





3) INTERVISTA AL SIG./SIG.ra (?) E.C. , TRANSESSUALE ESERCITANTE LA PROFESSIONE DEL TRANS.



D.

R: - Moltu fàscile. Nun scè lternativa per uscire vinscenti – e vivi - dalle favelas: o sai sgiocare di gambe u sai sgiocare di cassu e io sciavevo li gambe corte ma u cassu perfettu per fare la mia attività a tutto campo.



D.

R: - No, niente uperação completa. Sì, vorrei diventare tutta donna donna solo che sensa mazza lavoru minga. L’uomo italiano macho è storia sorpação, anche al macho piace u casso prenderlo di dietro, più che metterlo, risceverlu più che darlu, spacchettarsi più che spacchettau, nun so se mi capisci.



D.

R: - Ah, anche tu. Allora rimandiamola, no, l’intervista a dopu?



D.(un pelo imbarazzato visto che il registratore è acceso).

R: - Ok.



D.

R: - In Italia c’è molto promiscuità, solu che non ci sta le palle per ammetterlo, a tutti, non solo alle donne piasce u cassu, è un datu di fattu. Anche quello alto, grosso, muscoloso, che fa il buttafuori piasce buttarselu dentru, senza distinção, però se poi gli chiedi, ti disce che i trans fanno schifo, andrebbero brusciati tutti, come è successu settimana scorsa a Kaoma, l’amica mia. L’hanno presa quelli del giro politico, le hanno sfundatu u massu pu l’hannu brusciata nel fossu.



D.

R: - E non pubblicarla, sai cassu che me ne frega.



D.

R: - Tu disceva, perché venuti qui in Italia? Perché a nessun paese piasce pesce più del Belpaesgi. T’ho sgià dettu: “tutti per uno, unu per tutti, tutti in uno, unu dentru tutti” è u voshtru motto. Io ho sgirão u mundu. A nessunu piace u cassu come a l’italiani qui da voi.



D.

R: - Non mi importa. Passanu cul muturinu, shputacchinadu, ti urlano “Frocio di merda puttana”, poi quando scendunu dal moturinu tornano di nascosto pagandu tutti e due, autishta e passesgeru du muturinu. Fanno bella figura cun amisci, mi dicono offese, poi quandu che nessunu li vede vengono da me che gli vengo in fascia.



D.

R: - C’è troppu discriminação, troppa come si disci, ipocrisia, ma non è problema. Sono arrivata 4 mesi fa. Ora che ho guadagnato per villa cun piscina, limousine e autishti privatu possu turnare a casa a Rio. Poi quando finisce tuttu il danau torno un altro paio di settimane, intasco i miei bei 500’000 e sci si rivede tra 5, 6 anni, se prima non muoio brusciada come Kaoma dentru o fossu, sensa più cassu.



D.

R: - Perfettu. Tieni mio biliettu da visita. Sci vediamo alle 5, abitu in via de Gasper… (AUDIO DISTURBATO - CONTENUTO INDECIFRABILE).





4) INTERVISTA AL SIG. A.M. MANAGER RAMPANTE (DIRETTORE DI CALL CENTER [vedi intervista n°1])



D.

R: - Be’, ssì, inssomma, devi esserci tagliato e devi essere un vincente, o ci nasci già da piccolino oppure niente, nada, Sì, gli diciamo a ‘sti giovani qui di fare i corsi per l’autostima, le tecniche di PNL e quelle menati lì, li mandiamo dal Re, the King, [Roberto Re, N.d.R.], mio carissimo amico di una vita, compagno vincente di vittorie e trionfi fuori, dentro la trincea, nel campo di battaglia, sì, insssomma sempre in prima linea con risultati sbalorditivi, soddisfacenti, se ci metti dentro che noi quando ci mettiamo siamo squali, cioè, io, lui, quando ti prendiamo ti agganciamo e non ci stacchiamo più, siamo una morsa, siamo un team, lavoriamo soli, in coppia, assembliamo vere task force stile C.S.I. Miami e alla fine, sì, insomma, ce l’aggiudichiamo, ogni battaglia persa è una morte, le morti sommate determinano il fallimento, hai perso, sei zero, hai finito, sei out, via, tagliato fuori dai giochi, per sempre, se perdi la reputazione è finita, basta uno, ne basta uno, uno sbaglio, uno sgarro e Taaac, come Benetti lì, primo, PRIMO in classifica tre mesi, tre mesi di fila diopò’, una, una che ne ha sbagliata uè, né, tè, il pirletto lì, una, UNA che ne sbagli e ti silurano, cioè, non c’è stoooria, finito, eliminato, hai perso, perdi dignità, l’autostima ti va sotto le scarpe, poi per rimetterti in carreggiata c’è da fare un lavoraccio, bisogna ripartire da zero, tutto quello che hai conquistato va in malora, perso, hai perso e ti sei perso e ora che ti ritrovi intanto il mercato è andato avanti, va avanti, non ti aspetta, il mercato è sempre on, in progressione continua, sei tu che devi seguire lui, se gli sei fedele ti ricompensa, obbiettivi, prémi raggiunti, realizzazione dei sogni, una bella macchina, poi due, tre, poi cosa fai, non te lo fai il villino?, poi tutta una serie di altre cose che son’ ‘na figata, insomma, sennò cosa lo fai a fare se non sei un vincente, se non vuoi essere un vincente te lo diciamo subito amico, quella lì è la porta, è la porta di chi non è intraprendente, di chi non ha le palle, i coglioni per le grandi sfide della vita, e se non ci riesci, figlio mio, be’, allora vuol dire che non c’eri tagliato, perché io lo vedo subito quando uno è una promessa o è un brocco, come lì Douglas, lui lo vede subito che Martin Sheen è un vincente, che è lì per vincere, gli da la sua chance e il signor Gekko non rimane deluso, gli permette di far carriera, alla graaande, sempre al top, sempre più su, alle stelle e poi oltre, un mondo, un impero da costruire, e ce ne vogliono due grandi così per governarlo, amministrarlo come un vero re, perché il re deve essere generoso solo quando sa che gli torna indietro molto più di quanto a speso in partenza, sennò, ciccio, col cazzo che ripooorti la pagnottona a casa, ti riporti la pagnottina misera, e una volta che è piccola inizia che prima ti prendono per culo, poi pian piano sei sulla bocca di tutti, si coalizzano contro te perché sanno che l’immagine vale più della tua stessa vita, ti sputtani, perdi credibilità, smarrisci l’affidabilità, e una volta che tutta la piazza sa come stanno le cose sul tuo conto, be’, puoi dire addio a tutto, i sogni, la casa, IL LAVORO, diopò’, quindi non lo consiglio a nessuno…



D.(sta singhiozzando, audio è confuso: - No, io non volevo, mio dio, ora come faccio, hey, ti porto all’ospedale… cazzo, sta sanguinando gli ho fracassato la test… (rumore bianco).

 
Più o meno va a finire così per tutti.
Ci vediamo settimana prossima.
A presto.

lunedì 18 giugno 2012



Ho fatto un salto alla pro-loco (“per i pazzi” [trad.]) e ho raccolto una montaglia di depliant illustrativi.



Riguardano attività sociali, parchi per famiglie… mangiare, mangiare, mangiare, divertirsi, divertirsi, divertirsi.






NON PENSARE NON PENSARE NON PENSARE NON PENSARE NON PENSARE.






Consuma. Consumati. Mai pensare.


MAI.






Ancora una volta l’orgoglio italico – “orgoglio epatico”, visto che l’unica cosa semi decente rimasta nella nostra nazione è “lu magnà e lu bève” – risiede in suntuosi, pantagruelici banchetti in giro per tutta la regione.






A Valeggio sul Mincio faranno la “festa del nodo d’amore”, manifestazione che celebrerà sì, l’amore, però quello epatico.






Amore biliare.






Verranno serviti 600'000 TORTELLINI FATTI A MANOOOO – che hanno richiesto ben 70kg di grana Padano, 1200 UOVA, 11,5 QINTALI DI FARINA.


Da avvelenarci una nazione intera, vacca di’ (come usano bestemmiare le madri locali [N.d.T.]).






Ho assaggiato personalmente i tortellini locali. Buoni sono buoni. Hanno l’inconveniente che 3 unità di essi (.ca) equivalgono a 3 piatti di pasta da 150g. - considerando la capacità della pietanza nel dare l’effetto “pienezza di stomaco” al mangiatore).






Ci sono varii tipii di tortellinii. Quelli che mi hanno colpito – letteralmente – sono i tortellini VEGETARIANI.


Sono composti al 169% di ricotta (rinomata verdura prettamente vegetale, amata dai vegetariani, ricavata dalla pianta del latte) e 0,0005mg di una verdura d’inesplicabile provenienza.






La digestione (parziale) dei “tortellini valesàni” avviene tra le 6 e le 12h dopo l’assunzione ed è molto travagliata. Tra i primi effetti collaterali spiccano “rutti necrofagi”, diarrea malesiana, senso di smarrimento, temporanea sospensione delle facoltà intellettive, sindrome di Tourette, gomito del tennista, emicranie spongiformi bovine – “spongiformi” non significa “che ha le fattezze di Spongebob” (N.d.R.).






Tolta la chilometrica lista di effetti collaterali i tortellini sono buoni.


Tuttavia, siete abbastanza amanti della buona cucina da prendervi la responsabilità di passare attraverso i tortuosi percorsi neuro fisici di cui sopra?






Buona fortuna.






Al Movieland, invece, sono tutti altri cazzi.






1000 visitatori hanno detto di Movieland: “Come te non c’è nessuno”.


Si è scoperto che i 1000 visitatori in realtà erano solo 568 e il 62% apparteneva a una decina di pullman religiosi carichi di persone che non avevano mai visto niente al di fuori della propria parrocchia, con l’autista ubriaco, che quel giorno cannò strada clamorosamente.






Claudia, 14 anni, ha detto: “Spettacoloso. Fuori dal comune”, e si riferiva al fatto che il Movieland è al di fuori dei confini comunali di Salionze, ridente frazione dove la piccola Claudia è nata, sta crescendo, e probabilmente morirà senza aver combinato nulla di concreto – gite nei parchi divertimento adiacenti escluse.






INDAGINE SU 200 FAMIGLIE: “Gli spettacoli in strada sono molto divertenti”, perché permettono ai genitori di farsi i propri cazzi, sbolognandosi i figli dalle palle. Questo è vero: movieland è proprio un posto per stare (lontani) in famiglia.






EMMA, 8 ANNI, HA DETTO “MOVIELAND TI FA VOLARE” . Dichiarazione fatta alla stampa dopo che la dichiarante aveva ingurgitato una strana caramella pescata per sbaglio dal porta pillole del fratello Pasquale, noto tossicomane di anni 16.






(riferito al fatto che si può passare dal Movieland all’adiacente Caneva World): “Il 21% dei visitatori ha espresso: “È fantastico poter entrare e uscire dai due parchi”, senza considerare che non era il 21 ma il 12% (chi ha pubblicato il depliant soffre di “incrociamento del emisferi cerebrali”, tende a capovolgere date e numeri in generale), e che le persone non sanno il significato del termine “fantastico”.






O, più propriamente, che hanno una vita talmente piatta da considerare “fantastico” avere la possibilità di transitare da un recinto all’altro senza attraversare la strada.






(tratto da Facebook – come fosse una fonte attendibile) : “Non è il solito parco”.


Se si considera la grande affluenza di teste vuote sì, potrebbe non essere il solito parco.






Sono entrato nella mente di chi dice queste stronzate, ho capito i loro parametri di giudizio e, qui per voi, in esclusiva, spiegherò cosa intendevano con questa affermazione.






Ci sono vari parchi – quel 21% considerava anche i parchi dove si porta a pisciare il cane – in giro per il mondo. Tutti diversi l’un dall’altro.






In questo caso, è accademicamente corretto dire che non è il solito parco.


Un po’ come dire “Non è il solito mal di testa” - detta da una moglie al marito[padre di Emma] che, per sbaglio (o forse per depressione), aveva preso 3 pasticche di Levitra dal porta pillole del figliastro Pasquale, il noto tossicomane che già conoscete per via delle illecite dichiarazioni fatte da sua sorella.










SEMPRE DAL VOLANTINO: “Zorro Show… con Rambo, Terminator, Tomb Rider… DIVERTIMENTO PERFETTO!).






Le pubblicità sono TUTTE fuorvianti, hanno il solo, unico scopo di vendere merda a più coglioni possibili.






Analizziamo dal punto di vista “logico” cosa c’è scritto attraverso queste due righe composte per lo più da nomi d’icone del cinema hollywoodiano.






Nel parco c’è Zorro che ogni giorno fa uno show.


Cosa fa, si incula Pancho Villa?


In quel caso sarei più propenso a parlare di “Sborro Show”, solo che stiamo discutendo di un parco per famiglie. Penso che i genitori non apprezzerebbero; tuttavia senza aver interpellato i bambini a riguardo.






I piccoli non sono condizionati a vedere il sesso - etero o omo (come in questo specifico caso) che sia – come una cosa brutta, un peccato mortale.






La cosa si fa complicata quando scopriamo che Zorro – di tutti gli Zorro cinematografici l’unico attore che ha vestito i suoi panni ed è ancora vivo è Antonio Banderas – farà una bella ammucchiata insieme a Rambo (non a caso Stallone), Terminator (Arnold S. , che ogni anno si reca al Bohemian Grove ‘ove fanno un sacco di ammucchiate; un veterano delle trombate di gruppo) e T(r)omb Rider (Angelina Jolie, figlia naturale di Jonh Voigt, la quale adotta 1 bambino al minuto, il che ci suggerisce la sua personale visione del “sesso come passatempo” vs. “sesso per procreare”, come sostiene la pedofila chiesa vaticana).






Immaginate la scena.


Io non ci riesco, per questo penso che andrò a Movieland per vedere la più grande ammucchiata celluloidea del secolo.






Anche solo per colmare un innocente desiderio che avevo quand’ero bambino e mi chiedevo chi l’avesse più grosso e tozzo tra Zorro, Rambo e terminator.






La parte inquietante della reclame è: “… DIVERTIMENTO PERFETTO”.






Esistono strumenti computazionali capaci di sondare e misurare il divertimento creatosi nella mente delle cavie stipate dentro i recinti chiamati Movieland/Caneva World e constatare se, effettivamente, abbiano carezzato vette d’appagamento tanto alte da potersi dire “perfetto”?






Assodato che la perfezione è uno stato mentale irraggiungibile, come si può giungere all’inarrivabile trangugiando galloni di coca cola, restando immobili, indolenti, osservando attori che interpretano attori che interpretano icone hollywoodiane nell’atto di copulare selvaggiamente di fronte a occhi rincoglioniti dall’aspartame contenuto nella coca cola e nelle altre porcherie servite all’interno del ristorante – parodia dell’Hard Rock Cafe - presente nell’orgiastico parco?






Gli altri depliant trafugati non danno informazioni degne di essere divulgate.






Musei interessanti quanto l’andamento della Borsa, il programma estivo dell’Arena di Verona, concerti di celebrità anali, il listino prezzi delle funivie per il monte Baldo, gli orrori del giardino botanico della fondazione Andrè Heller e le atrocità commesse contro animali selvatici nel Parco Natura Viva.






In compenso il 19 luglio avrò Arisa a cantarmi (il cazzo) sotto casa.






Si prospetta un estate estatica da divertimento perfetto.






Tenete gli occhi bene aperti.


E anche le ghiandole surrenali






lunedì 11 giugno 2012

ERRATA COCCIGE



QUANTO MI MANCHI




Giorno di luna, 11/06/12.
6 mesi, 12 giorni alla fine del mondo.

L’ho scritta perché volevo fare il fico tipo Palahniuk aprendo le danze con un intro pseudo apocalittica ma, dopo aver fatto il conto di quanti giorni mancano alla presunta fine del mondo (o quel che sia) ci sono rimasto.

Piccole analogie numeriche da cospirazionisti del sabato sera.

Riguardo complotti, cospirazioni, insabbiamento di fatti accaduti, distorsione degli avvenimenti e stampa fuorviante manipola opinione pubblica ho scritto parecchio.

Stavolta mi sono trovato in mezzo a una cosa simile in prima persona.
Dico “simile” perché non è proprio una cospirazione, bensì un caso di stampa manipola opinione pubblica.

Venerdì sera sono andato a una serata per single con l’intenzione di scrivere un reportage (mi è sembrata un ottima idea, di fatto lo è stata; il saggio sta venendo clamoroso).

Presenti all’evento presso Villa Bevilacqua una fotografa e un giornalista del noto quotidiano “L’Arena”. Lei era molto carina, una ragazza stile Amelìe (però sessuata), il reporter era un panciuto Peter Griffin giovane all’anagrafe vecchio nella morfologia (potrei parlare di “agglomerato pluricellulare batraciforme”.

Dato che ha intervistato i single, ci ho fatto quattro chiacchiere, scoprendo – due giorni dopo, leggendo il suo articolo - che il fumo emanato dal suo personale livello di professionalità ostentata era emanato solo illusoriamente, in quanto non esisteva nessuno arrosto - casomai una brodaglia lessicale.

Di per sé l’articolo è grammaticalmente corretto, nulla da ridire.

Il punto è un altro.

Come si fa ad essere così passivamente populisti - per non dire leccaculo - riducendo tutto l’accaduto, pregno di vari significati socio-antropologico-culturali a poche righe di faziosi convenevoli che - detta senza troppi arzigogoli - tradotti nel linguaggio preconfezionato di frasi fatte/frasi di circostanza che subiamo più o meno tutti i giorni a lavoro, in ascensore, in mensa (dove cazzo vi pare) sarebbe l’equivalente di: “Eh, sì, sto bene, va tutto bene. Visto che tempaccio? Eh, lo so, sì, dobbiamo tenere duro, che ci vuoi fare?Vediamo cosa faranno i politici, tanto e così e bla bla blaporcoddddd… ecc. ecc. ecc. ecc.


Sara, nota ex giornalista, nonché mia amatissima, fedele ex compagna e complice durante pienissimi anni passati a sollazzarci in amorevoli bagordi, mi fece notare che per fare i giornalisti bastano i seguenti requisiti:

1) Conoscere l’alfabeto (almeno fino a metà)

2) Essere disposti a rimetterci un sacco di soldi di tasca propria (per trasferte e aperitivi da offrire agli intervistati importanti)

3) Essere infatuati di suddetta professione nutrendo un incondizionato amore puro e malsano, diverso da quello che potrebbe scaturire dall’ispirazione nata dopo la visione di pellicole come “Tutti gli uomini del presidente” - film che, tra l’altro, ha vinto 4 oscar in quanto prodotto dalle stesse menti che hanno “messo in piedi” il caso Watergate vero e proprio; in sé la pellicola è una bella rottura di palle, nonostante Redford faccia il fico inarrivabile e Hoffman presenzi a sprazzi solo per fungere da termine di paragone minore facendo apparire Redford ancora più fico e inarrivabile [se davvero volete intraprendere la carriera giornalistica e necessitate di un film-molla-spinta che vi ispiri ulteriormente, contemporaneamente mostrandovi a livello fisico ed emotivo cos’è realmente il giornalismo sul campo di battaglia consiglio il film “Tesis”di Alejandro Amenabar].

4) Possedere l’innato talento per sorridere, soprattutto nei momenti in cui nella vostra mente riuscite a visualizzare solo: a) un tubo del gas ben definito, delineato quanto a bordi, contorni, lucentezza; b) le vostre labbra chiuse a morsa intorno ad esso, ed avere quel pizzico di energia in più che vi permetta di c) fare il macabro collegamento tra i due elementi strettamente collegati.

5) Essere ideologicamente conformi all’orientamento politico del giornale in cui lavorate - anche se alla fine, indipendentemente dalle vostre vedute vi faranno tesserare al partito che la redazione serve (lecca).

6) Provare brividi elettrici partenti dalla kundalini che risalgono la colonna vertebrale, arrivando sino alla ghiandola pineale per poi deflagrare in autentici olocausti di energia vitale ogniqualvolta venite calpestati, trattati servilmente, proprio come amano subire gli “slave” in presenza del “master” o “femdom” che sia (qui il vostro orientamento è irrilevante, anzi, la bisessualità viene premiata).

Ancora quel dannato numero, 6.
Nella Cabala il “6” è molto rilevante, sta a rappresentare ciò che per gli ebrei era l’antico rapporto tra il principio vitale…

… uno stracazzo di niente.

Peccato che l’articolo scritto da Peter Griffin non sia disponibile sul sito ufficiale de “L’Arena”.
Per leggere il giornale on line completo tocca abbonarsi.

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA.

Prima della “Mini guida in 6 punti per diventare giornalisti” (vedi sopra), mi ero posto una domanda.

Se vi pesa il deretano tanto da impossibilitarvi ad azionare i tendini preposti a far muovere verso il basso la prima falange del dito indice attaccato alla manina che armeggia col mouse per premere il tasto sinistro - o per girare la sfera di plastica posta sul bordo superiore dello stesso topo - , tornare sopra, rileggere, perché tutto il confort a cui vi anno abituato le multinazionali con le loro seducenti “tecnologie pratiche annichilisci coscienza” e “cibo monnezza smagnetizzante”, favorisco la vostra condizione di perenne non-sforzo con un copia-incolla strategico.

Cit. : Come si fa ad essere così passivamente populisti - per non dire leccaculo - riducendo tutto l’accaduto, pregno di vari significati socio-antropologico-culturali a poche righe di faziosi convenevoli che - detta senza troppi arzigogoli - tradotti nel linguaggio preconfezionato di frasi fatte/frasi di circostanza che subiamo più o meno tutti i giorni a lavoro, in ascensore, in mensa (dove cazzo vi pare) sarebbe l’equivalente di: “Eh, sì, sto bene, va tutto bene. Visto che tempaccio? Eh, lo so, sì, dobbiamo tenere duro, che ci vuoi fare?Vediamo cosa faranno i politici, tanto e così e bla bla blaporcoddddd… ecc. ecc. ecc. ecc.


La risposta è: il proprietario del locale – una “villa di nobili feudatari” [citando la didascalia del regale disegno che ho vinto classificandomi al secondo posto del concorso indetto dall’animatore della serata, per aver scritto la seconda miglior poesia sulla serata] – ha egli stesso contattato la redazione de L’Arena per fasi pubblicità, ovviamente sborsando soldi.

Il giornalista, più che stronzo leccaculo, ha agito da mercenario.

Un mercenario fa ciò per cui viene pagato.
È un po’ come Lee Van Cleef ne “Il buono e il brutto dall’alito cattivo” (regia di Sergio Metadone).

Ricordate?

Con la differenza che “il cattivo” andava ad svolgere il lavoro, eseguiva, poi tornava dal mittente, gli faceva il culo e intascava tutto.

Penso che il culo di Peter Griffin frema e vibri (dalla kundalini alla pineale) solo nel ruolo di slave.

Non fraintendetemi, non era tanto antipatico; le persone che se la tirano ci stanno sul cazzo…

… perché sono il nostro specchio. Ammettere a noi stessi che ce la stiamo tirando troppo ci fa rodere il culo tanto da proiettare (all’esterno) un immaginario nemico sul quale plasmare le nostre colpe, paure, ed attaccarlo come sto facendo adesso.

Scusami Peter.
Non è che potresti darmi il numero di Amelie?
Le devo fare una proposta.
Riguarda un certo film che si girerà a casa mia.
La sceneggiatura è segreta.
Posso solo dirti che sul set saranno presenti attrezzi come lacci, legacci, borchie, fruste e dilatatori anali.

Ovviamente sei invitato anche tu; non penso che rifiuterai una femdom come Amelie.

Alla faccia del fantastico mondo suo.






lunedì 4 giugno 2012

ANDALUSIA ITALIANA





LE HO DATO I CLASSICI BACINI SULLA GUANCIA, POI MI SONO CONGEDATO GUARDANDOLA DRITTA NEGLI OCCHI (O NEL... VEDI SOTTO).
PER UN ATTIMO E' SEMBRATA UMANA.
VIVA



I miei compaesani attuali non colgono fiori, tantomeno implicita ironia nella/della forza motrice al timone aziendale di quella barchetta urbana chiamata Valeggio sul Mincio, post kingiano paese al confine con Mantova dove abito da ormai 8 mesi.

Mentre scrivo, fuori (dentro?) piove come se la mareggiata sentimentale – arzigogolatA, zoomorfA, inquietA, schiacciatA come la faccia d’una certa persona di cui m’appresto a parlare - che si sta scatenando dentro me sia al timone (la mareggiata è al timone) di quel barcone meteorologico di cui tutti siamo passeggeri (perché cazzo ce l’ha con le barche? Hey, saputello, sei andato in gita insieme ai Fenici e te la stai tirando per essere stato al centro della storia?).

Rispondo alla voce corsiva presente tra le parentesi sopra con un “Sì”.
Più un rafforzativo “porca puttanA”.

Per 25 secondi sono stato al centro della Storia.

Se proprio devo costringermi a vederla per quel che è, sarebbe come dire al mio “io” seienne: - Babbo natale non esiste. E quest’anno è anche malato terminale.

Se proprio devo auto indurmi a vederla per quel che è, sto per meta-narrare una fiaba.

Ieri pomeriggio, domenica 3/06/12, presso piazza del municipio (sotto casa… tutti insieme radunati nello stesso luogo) c’erano l’eroe, c’erano comparse assatanate dall’animo spento, c’erano bardi, menestrelli, atleti, giullari.
Lupi cattivi.
E c’era il mostro.

Per giungere dov’erano (sotto casa mia, in piazza del Municipio) le comparse assatanate dall’animo spento sono dovute passare attraverso la selva oscura dell’entroterra veronese tenendo testa a insidie come l’insostenibile pesantezza del prezzo della Super Sp.

Un impresa titanica.
Tutto per ricevere una briciola di Storia, ottenendo un autografo sulla copertina dell’autobiografia del mostro.

Viviamo in tempi in cui lo status quo sociale è lo stesso di sempre.

Quello delle fiabe (lo status quo) si è ribaltato, è crollato.
L’ho scoperto ieri.

Status quo e dogmi del mondo reale non si sovvertono.
Non ce ne liberiamo (noi, dall’altra parte del parlamento), perché siamo ancorati al vecchio, al passato, alla tradizione, alla gerarchia. Siamo confinati nel complesso R del cervello.

Ci piace così.
Siamo necrofili esistenziali.

Però abbiamo sovvertito le fiabe.

Cos’è che ci spinge a riunirci in un posto (recinto), agitati come ragazzini, per vedere una mummia che sculetta al ritmo di canzoni di trent’anni fa?

Cos’è che radiocomanda a distanza il nostro Io, e spinge il tasto OFF nella nostra mente - sabotandoci le abilità intellettuali - , quando ci troviamo in presenza di una celebrità?

Cos’è che ci fa sospendere ogni facoltà critica, costringendoci ad alzare le braccia al cielo per ondeggiarle al ritmo di ben altri suoni ancestrali (non c’era 1, UNA persona che andava a tempo con le canzoni) ?

Difficile architettare giustificazioni, fornire risposte convincenti, quando ci si è trovati al centro del nucleo di quella cellula cancerogena popolare composta da comparse assatanate dall’animo spento (per non dire “fulminato”) ad ondeggiare ipnotizzati, inermi come palazzi giapponesi durante il terremoto al ritmo di “Gente come noi”, mentre ataviche foto dell’indigena famiglia (originaria di Borghetto, paesino a 5 min dal luogo del delitto) di Ivana Spagna venivano proiettate sul telo bianco alle sue spalle.

Che le scosse sismiche della settimana scorsa fossero moti d’agitazione del pianeta dovuti all’imminente arrivo di Spagna a Valeggio sul Mincio (VR)?

Spesso parlo di controllo delle masse, dei metodi che il Sistema usa per farci agire come Egli desidera senza che noi ce ne accorgiamo (la “dittatura silenziosa”).

Ho un curioso aneddoto personale di “Think-Thank”.

Cioè: Io ho subìto il Think-Thank.

Ero sul divano in mutande. Visto dall’esterno sembravo un panciuto marito violento messicano sovrappeso.
Stavo godendomi la (meritata?) siesta domenicale cazzeggiando a senso unico, finestre del salotto spalancate.

Spagna e la sua band N°1 - composta da un comune pc portatile farcito di basi strumentali (per fortuna autentiche; alcuni usano ancora file Midi), e da Lei in persona (o ciò che è sopravvissuto agli innumerevoli ritocchi estetici; era più “truccata” d’un bolide di “Fast&Furious”) - stavano facendo il sound check.

Dopo quattro note de “Il cerchio della vita” (main theme del famigerato “Il re leone”) mi sono ritrovato vestito, sorridente.
A bordo palco.

Capite?

Mai avuto un disco di Spagna in casa, tantomeno l’ho mai sentito, eppure eccomi lì, schiavo del bisogno (indotto) di rievocare la pre-adolescenza, febbricitante come un bambino, a guardarLA fissa negli occhi (o nel po’ di ciò che è sopravvissuto agli innumerevoli interventi estetici) pieno di ammirazione.

Le sedie sotto il palco, sistemate in dodici file, erano lì da poco perché quello spazio, fino a neanche 2 ore prima, era occupato da varî stand.

Il comune si è inventato una manifestazione X, dando l’ok per una giornata a NESSUN TEMA, la “Giornata del niente di specifico”.

C’erano stand di soft air, stand religiosi per permettere ai partecipanti di convertirsi all’ultimo momento (il terremoto deve aver davvero scosso la comunità), stand della birra a fianco a stand per donare il sangue (ci ho fatto un pensierino, scolarmi 3L di birra poi fare una donazione), stand con cyclette da spinnig, tatami multicolori per arti marziali (Judo, tae kwan do, thai chi), stand dell’arma dei carabinieri, stand di modellini di velivoli e velivoli veri e propri.

: stand dei carabinieri (autorità); stand del soft air (guerra); stand religiosi (pedofilia); stand dell’alcool (controllo); stand dei donatori… tra lo spazio metafisico tra uno stand e il suo vicino ho intravisto un malefico disegno occulto che collegava gli stand uno con l’altro.

Poi mi sono sentito paranoico e ho tirato dritto.

Tutta la gente, tutte le esibizioni, tutti gli stand, tutta la giornata è stato un eccellente preludio al concerto di Spagna.

Se Spagna m’avesse cantato all’orecchio qualcosa avrei donato volentieri una pinta del mio sangue.

Ma non l’ho fatto.

Il concerto è stato un comizio del Sé : per ogni canzone cantata, prima c’era da sorbirsi 2 minuti (.ca) di sentita introduzione.
Spagna raccontava aneddoti della sua vita, della sua carriera.

Ero al centro d’un comizio politico in cui, al posto dei classici termini politici come “Sicurezza”, “Sanità”, “Occupazione”, c’erano “Io”, “Mia famiglia”, “Mio passato”.

NOTA A PIE’ DI MINCHIA: Per libera associazione junghiana, se dici “politica” mi viene subito in mente “Berlusconi”.
Berlusconi e Spagna qualcosa in comune ce l’hanno.
Non solo esteticamente parlando.

Il modello di “disegno umano” dell’ex presidente del consiglio è lo stesso della cantante valeggiana: Generatore manifestante.
Per maggiori chiarimenti www.humandesignitalia.it

FINE DELLA NOTA.
(per i fan dell’astrologia no. Se vi può interessare lo psiconano e la cantante hanno in comune anche Sole in prima casa).

¾ di concerto la musica è uscita dai circuiti elettronici della “Band N°1”. Ivana ha cantato sculettando velata da un bel vestito di pelle simil Michael Jackson, elargendo saluti, belle mossettine degne della miglior cantante da balera emiliana - davvero, una forza della natura questa Spagna; manco Springsteen).

La “Band N°2” ha suonato gli ultimi tre pezzi.
Era formata da chitarra, basso, batteria e tastiera cinquantenni.
Un po’ attempati, un po’ rincoglioniti, erano pur sempre i membri originali (ho assistito a una reunion; che culo!!!) della primissima band di Ivana Spagna: i VALEGGIO SOUND.

Non sono riuscito ad emozionarmi, stavo studiando l’energumeno palestrato di fianco a me.

Non ha fatto altro che scannerizzare il culo di tutte le ragazzine che transitavano nelle prossimità vicine.
Era ipnotizzato dall’adolescenza a scarpe aperte che scorreva per la piazza.
Il palco, la celebrità in carne e ossa (o ciò che ne era sopravvissuto ecc. ecc.) sul palco non esistevano.

Ad un certo punto, la regina della serata richiama l’attenzione dei pochi (in)fedeli distratti, annunciando che eseguirà “Lady” – cantata dopo un aneddoto sugli anni ‘80, sulla capigliatura istriciforme che aveva installata in testa, come un africana trasporta il cesto di vimini al villaggio.

CHE BEI TEMPI. AVEVO QUEI CAPELLI DA PAZZA. VI RICORDATE?
OK.
VOGLIO SU LE MANI.
TUTTI SU LE MANI!!!!

L’omaccione toglie gli occhi dal culetto a cui si era collegato con testuggine lentezza - sembra quasi sia frutto della messa a punto di un ignoto tecnico degli effetti speciali nascosto da qualche parte - e alzando contemporaneamente ambedue le braccia inizia a venerare la dea sull’altare.

Batte le mani al ritmo di musica presente altrove.
Le ragazzine, i culetti: niente esiste più.
Solo lei sul palco.

Al termine del brano, con altrettanto sguardo-non sguardo, chiude a pugno indice, medio, anulare e mignolo della destra, alzando braccio e pollice, gesto che nel linguaggio comune significa Ok.

Un cavernicolo lobotomizzato.

Destatomi dal fascino di essere stato testimone a questa scena, ho tastato l’infinito potere che un icona posta su di un piedistallo (“palco” in questo caso) esercita sui sottostanti esseri umani, persino su di me - da nudo, sdraiato e scazzato mi sono ritrovato vestito e complice senza rendermene conto).

Cosa diavolo stava succedendo?

Seguendo la classica linea guida giornalistica delle 5 W ho formulato qualche teoria.
Sono rimaste solo teorie.
Non mi sono spiegato i “Why?”.

Come non voglio spiegarmi altro, perché ho fatto il giro dei bar lì attorno per capire cosa dicesse la vox populi

Ne è risultata un oscura cornice umana.
Ogni barista, ogni cameriere era (o era stato) amico d’infanzia di Spagna.
Ogni signore e signora aveva i suoi bei ricordi, i suoi aneddoti vissuti sulle sponde del Mincio al fianco della Mitica.

L’unico elemento comune che emergeva da ogni conversazione (fatta in ogni bar, in tutti i bar) tra tutti i suoi amici d’infanzia, l’incognita che tornava SEMPRE come in una ruota karmica, era la questione 10,000€ X ½ h.

Pare che il comune di Valeggio, a corto di fondi come tutti i comuni d’Italia abbia sborsato la bellezza di diecimila euro per avere l’onore di (ri)avere a casa un ex concittadina di fama europea.

Molte sono state le voci riguardanti l’Ivana attuale in relazione al suo torbido passato, alimentate dal veleno generato dall’ “incognita compenso” .

Pare che in tempi antichi Ivana Spagna fosse IvanO SpagnO; pare che il compenso della cantante s’aggirasse intorno a una cifra pari al doppio di quella divulgata pubblicamente; pare che fosse nata a Verona, cresciuta a Mantova e andata ad abitare lì, per breve tempo, solo all’età di 16 anni; pare che sotto quei metri di pelle tirata stile suppliziante di hellraiser non scorra più una singola goccia di sangue della Spagna originale, e che la sua anima sia stata sostituita da un software Microsoft™ messo a punto dalla NASA italiana (la “NASO”).

Certi misteri non possono che rimanere tali.

So solo che è assistere a 30 min. (1/2hX10000€,) di concerto, contemporaneamente vivere tutti i complicati sottotesti implicati nella faccenda è stato un ottimo esercizio di pazienza.

Una grande esperienza antropologica - ho omesso la parte in cui una signora anziana piena d’odio nei miei confronti, perché avevo saltato tutta la fila per arrivare sotto al palco, strillava insulti nella mia direzione guardando alla mia destra, come se se la stesse prendendo con un altro, tanto che mi sono girato per capire se ce l’avesse con me o con un fantasma nella sua mente – di enorme importanza per la mia formazione umanistica.

Come quando andai a vedere il concerto di Cristina d’Avena (il resoconto lo trovate quì http://odiotarantino.blogspot.it/2010/09/saggio-su-e-per-cristina-davena-e-di.html

Cazzo se ho imparato sul genere umano.
E non so ancora nulla.