lunedì 4 giugno 2012

ANDALUSIA ITALIANA





LE HO DATO I CLASSICI BACINI SULLA GUANCIA, POI MI SONO CONGEDATO GUARDANDOLA DRITTA NEGLI OCCHI (O NEL... VEDI SOTTO).
PER UN ATTIMO E' SEMBRATA UMANA.
VIVA



I miei compaesani attuali non colgono fiori, tantomeno implicita ironia nella/della forza motrice al timone aziendale di quella barchetta urbana chiamata Valeggio sul Mincio, post kingiano paese al confine con Mantova dove abito da ormai 8 mesi.

Mentre scrivo, fuori (dentro?) piove come se la mareggiata sentimentale – arzigogolatA, zoomorfA, inquietA, schiacciatA come la faccia d’una certa persona di cui m’appresto a parlare - che si sta scatenando dentro me sia al timone (la mareggiata è al timone) di quel barcone meteorologico di cui tutti siamo passeggeri (perché cazzo ce l’ha con le barche? Hey, saputello, sei andato in gita insieme ai Fenici e te la stai tirando per essere stato al centro della storia?).

Rispondo alla voce corsiva presente tra le parentesi sopra con un “Sì”.
Più un rafforzativo “porca puttanA”.

Per 25 secondi sono stato al centro della Storia.

Se proprio devo costringermi a vederla per quel che è, sarebbe come dire al mio “io” seienne: - Babbo natale non esiste. E quest’anno è anche malato terminale.

Se proprio devo auto indurmi a vederla per quel che è, sto per meta-narrare una fiaba.

Ieri pomeriggio, domenica 3/06/12, presso piazza del municipio (sotto casa… tutti insieme radunati nello stesso luogo) c’erano l’eroe, c’erano comparse assatanate dall’animo spento, c’erano bardi, menestrelli, atleti, giullari.
Lupi cattivi.
E c’era il mostro.

Per giungere dov’erano (sotto casa mia, in piazza del Municipio) le comparse assatanate dall’animo spento sono dovute passare attraverso la selva oscura dell’entroterra veronese tenendo testa a insidie come l’insostenibile pesantezza del prezzo della Super Sp.

Un impresa titanica.
Tutto per ricevere una briciola di Storia, ottenendo un autografo sulla copertina dell’autobiografia del mostro.

Viviamo in tempi in cui lo status quo sociale è lo stesso di sempre.

Quello delle fiabe (lo status quo) si è ribaltato, è crollato.
L’ho scoperto ieri.

Status quo e dogmi del mondo reale non si sovvertono.
Non ce ne liberiamo (noi, dall’altra parte del parlamento), perché siamo ancorati al vecchio, al passato, alla tradizione, alla gerarchia. Siamo confinati nel complesso R del cervello.

Ci piace così.
Siamo necrofili esistenziali.

Però abbiamo sovvertito le fiabe.

Cos’è che ci spinge a riunirci in un posto (recinto), agitati come ragazzini, per vedere una mummia che sculetta al ritmo di canzoni di trent’anni fa?

Cos’è che radiocomanda a distanza il nostro Io, e spinge il tasto OFF nella nostra mente - sabotandoci le abilità intellettuali - , quando ci troviamo in presenza di una celebrità?

Cos’è che ci fa sospendere ogni facoltà critica, costringendoci ad alzare le braccia al cielo per ondeggiarle al ritmo di ben altri suoni ancestrali (non c’era 1, UNA persona che andava a tempo con le canzoni) ?

Difficile architettare giustificazioni, fornire risposte convincenti, quando ci si è trovati al centro del nucleo di quella cellula cancerogena popolare composta da comparse assatanate dall’animo spento (per non dire “fulminato”) ad ondeggiare ipnotizzati, inermi come palazzi giapponesi durante il terremoto al ritmo di “Gente come noi”, mentre ataviche foto dell’indigena famiglia (originaria di Borghetto, paesino a 5 min dal luogo del delitto) di Ivana Spagna venivano proiettate sul telo bianco alle sue spalle.

Che le scosse sismiche della settimana scorsa fossero moti d’agitazione del pianeta dovuti all’imminente arrivo di Spagna a Valeggio sul Mincio (VR)?

Spesso parlo di controllo delle masse, dei metodi che il Sistema usa per farci agire come Egli desidera senza che noi ce ne accorgiamo (la “dittatura silenziosa”).

Ho un curioso aneddoto personale di “Think-Thank”.

Cioè: Io ho subìto il Think-Thank.

Ero sul divano in mutande. Visto dall’esterno sembravo un panciuto marito violento messicano sovrappeso.
Stavo godendomi la (meritata?) siesta domenicale cazzeggiando a senso unico, finestre del salotto spalancate.

Spagna e la sua band N°1 - composta da un comune pc portatile farcito di basi strumentali (per fortuna autentiche; alcuni usano ancora file Midi), e da Lei in persona (o ciò che è sopravvissuto agli innumerevoli ritocchi estetici; era più “truccata” d’un bolide di “Fast&Furious”) - stavano facendo il sound check.

Dopo quattro note de “Il cerchio della vita” (main theme del famigerato “Il re leone”) mi sono ritrovato vestito, sorridente.
A bordo palco.

Capite?

Mai avuto un disco di Spagna in casa, tantomeno l’ho mai sentito, eppure eccomi lì, schiavo del bisogno (indotto) di rievocare la pre-adolescenza, febbricitante come un bambino, a guardarLA fissa negli occhi (o nel po’ di ciò che è sopravvissuto agli innumerevoli interventi estetici) pieno di ammirazione.

Le sedie sotto il palco, sistemate in dodici file, erano lì da poco perché quello spazio, fino a neanche 2 ore prima, era occupato da varî stand.

Il comune si è inventato una manifestazione X, dando l’ok per una giornata a NESSUN TEMA, la “Giornata del niente di specifico”.

C’erano stand di soft air, stand religiosi per permettere ai partecipanti di convertirsi all’ultimo momento (il terremoto deve aver davvero scosso la comunità), stand della birra a fianco a stand per donare il sangue (ci ho fatto un pensierino, scolarmi 3L di birra poi fare una donazione), stand con cyclette da spinnig, tatami multicolori per arti marziali (Judo, tae kwan do, thai chi), stand dell’arma dei carabinieri, stand di modellini di velivoli e velivoli veri e propri.

: stand dei carabinieri (autorità); stand del soft air (guerra); stand religiosi (pedofilia); stand dell’alcool (controllo); stand dei donatori… tra lo spazio metafisico tra uno stand e il suo vicino ho intravisto un malefico disegno occulto che collegava gli stand uno con l’altro.

Poi mi sono sentito paranoico e ho tirato dritto.

Tutta la gente, tutte le esibizioni, tutti gli stand, tutta la giornata è stato un eccellente preludio al concerto di Spagna.

Se Spagna m’avesse cantato all’orecchio qualcosa avrei donato volentieri una pinta del mio sangue.

Ma non l’ho fatto.

Il concerto è stato un comizio del Sé : per ogni canzone cantata, prima c’era da sorbirsi 2 minuti (.ca) di sentita introduzione.
Spagna raccontava aneddoti della sua vita, della sua carriera.

Ero al centro d’un comizio politico in cui, al posto dei classici termini politici come “Sicurezza”, “Sanità”, “Occupazione”, c’erano “Io”, “Mia famiglia”, “Mio passato”.

NOTA A PIE’ DI MINCHIA: Per libera associazione junghiana, se dici “politica” mi viene subito in mente “Berlusconi”.
Berlusconi e Spagna qualcosa in comune ce l’hanno.
Non solo esteticamente parlando.

Il modello di “disegno umano” dell’ex presidente del consiglio è lo stesso della cantante valeggiana: Generatore manifestante.
Per maggiori chiarimenti www.humandesignitalia.it

FINE DELLA NOTA.
(per i fan dell’astrologia no. Se vi può interessare lo psiconano e la cantante hanno in comune anche Sole in prima casa).

¾ di concerto la musica è uscita dai circuiti elettronici della “Band N°1”. Ivana ha cantato sculettando velata da un bel vestito di pelle simil Michael Jackson, elargendo saluti, belle mossettine degne della miglior cantante da balera emiliana - davvero, una forza della natura questa Spagna; manco Springsteen).

La “Band N°2” ha suonato gli ultimi tre pezzi.
Era formata da chitarra, basso, batteria e tastiera cinquantenni.
Un po’ attempati, un po’ rincoglioniti, erano pur sempre i membri originali (ho assistito a una reunion; che culo!!!) della primissima band di Ivana Spagna: i VALEGGIO SOUND.

Non sono riuscito ad emozionarmi, stavo studiando l’energumeno palestrato di fianco a me.

Non ha fatto altro che scannerizzare il culo di tutte le ragazzine che transitavano nelle prossimità vicine.
Era ipnotizzato dall’adolescenza a scarpe aperte che scorreva per la piazza.
Il palco, la celebrità in carne e ossa (o ciò che ne era sopravvissuto ecc. ecc.) sul palco non esistevano.

Ad un certo punto, la regina della serata richiama l’attenzione dei pochi (in)fedeli distratti, annunciando che eseguirà “Lady” – cantata dopo un aneddoto sugli anni ‘80, sulla capigliatura istriciforme che aveva installata in testa, come un africana trasporta il cesto di vimini al villaggio.

CHE BEI TEMPI. AVEVO QUEI CAPELLI DA PAZZA. VI RICORDATE?
OK.
VOGLIO SU LE MANI.
TUTTI SU LE MANI!!!!

L’omaccione toglie gli occhi dal culetto a cui si era collegato con testuggine lentezza - sembra quasi sia frutto della messa a punto di un ignoto tecnico degli effetti speciali nascosto da qualche parte - e alzando contemporaneamente ambedue le braccia inizia a venerare la dea sull’altare.

Batte le mani al ritmo di musica presente altrove.
Le ragazzine, i culetti: niente esiste più.
Solo lei sul palco.

Al termine del brano, con altrettanto sguardo-non sguardo, chiude a pugno indice, medio, anulare e mignolo della destra, alzando braccio e pollice, gesto che nel linguaggio comune significa Ok.

Un cavernicolo lobotomizzato.

Destatomi dal fascino di essere stato testimone a questa scena, ho tastato l’infinito potere che un icona posta su di un piedistallo (“palco” in questo caso) esercita sui sottostanti esseri umani, persino su di me - da nudo, sdraiato e scazzato mi sono ritrovato vestito e complice senza rendermene conto).

Cosa diavolo stava succedendo?

Seguendo la classica linea guida giornalistica delle 5 W ho formulato qualche teoria.
Sono rimaste solo teorie.
Non mi sono spiegato i “Why?”.

Come non voglio spiegarmi altro, perché ho fatto il giro dei bar lì attorno per capire cosa dicesse la vox populi

Ne è risultata un oscura cornice umana.
Ogni barista, ogni cameriere era (o era stato) amico d’infanzia di Spagna.
Ogni signore e signora aveva i suoi bei ricordi, i suoi aneddoti vissuti sulle sponde del Mincio al fianco della Mitica.

L’unico elemento comune che emergeva da ogni conversazione (fatta in ogni bar, in tutti i bar) tra tutti i suoi amici d’infanzia, l’incognita che tornava SEMPRE come in una ruota karmica, era la questione 10,000€ X ½ h.

Pare che il comune di Valeggio, a corto di fondi come tutti i comuni d’Italia abbia sborsato la bellezza di diecimila euro per avere l’onore di (ri)avere a casa un ex concittadina di fama europea.

Molte sono state le voci riguardanti l’Ivana attuale in relazione al suo torbido passato, alimentate dal veleno generato dall’ “incognita compenso” .

Pare che in tempi antichi Ivana Spagna fosse IvanO SpagnO; pare che il compenso della cantante s’aggirasse intorno a una cifra pari al doppio di quella divulgata pubblicamente; pare che fosse nata a Verona, cresciuta a Mantova e andata ad abitare lì, per breve tempo, solo all’età di 16 anni; pare che sotto quei metri di pelle tirata stile suppliziante di hellraiser non scorra più una singola goccia di sangue della Spagna originale, e che la sua anima sia stata sostituita da un software Microsoft™ messo a punto dalla NASA italiana (la “NASO”).

Certi misteri non possono che rimanere tali.

So solo che è assistere a 30 min. (1/2hX10000€,) di concerto, contemporaneamente vivere tutti i complicati sottotesti implicati nella faccenda è stato un ottimo esercizio di pazienza.

Una grande esperienza antropologica - ho omesso la parte in cui una signora anziana piena d’odio nei miei confronti, perché avevo saltato tutta la fila per arrivare sotto al palco, strillava insulti nella mia direzione guardando alla mia destra, come se se la stesse prendendo con un altro, tanto che mi sono girato per capire se ce l’avesse con me o con un fantasma nella sua mente – di enorme importanza per la mia formazione umanistica.

Come quando andai a vedere il concerto di Cristina d’Avena (il resoconto lo trovate quì http://odiotarantino.blogspot.it/2010/09/saggio-su-e-per-cristina-davena-e-di.html

Cazzo se ho imparato sul genere umano.
E non so ancora nulla.

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