Presso la mia lacustre, ridente cittadina di domicilio, per tutta la giornata di domenica s’è svolta una manifestazione culturale d’altissimo interesse storico-prestigioso.
È stata significativa al punto che la gente nei bar ancora ne parla con fervore degno dei moti carbonari [N.B.: da quel dì, la vendita di bitter Campari&prosecco è decuplicata (soprattutto nella fascia oraria 06:00-11:00am.)].
Era la tanto attesa “Fiera del Vintage” valeggiana.
Ogni ultima domenica del mese, nella stessa piazza – quella sotto casa mia – c’è la “fiera dell’antiquariato”.
Cosa differenzia la “fiera dell’antiquariato”, dalla “fiera del Vintage?”.
Per chi non sapesse in quale materia fecale ci stiamo impelagando, faccio presente la sostanziale similitudine che accomuna gli aventi: ambedue le fiere consistono in pubbliche esposizioni di cianfrusaglie.
Sostanzialmente, ciò che differenzia una fiera dall’altra è la tipologia di cianfrusaglie.
Il vintage sbologna vestiti ammuffiti, l’antiquariato vende mobili cianfrusagliaceri – e qualche vestito.
Agli occhi del neofita ignaro la fiera dell’antiquariato può sembrare più “completa”, in quanto va a soddisfare più bisogni cianfrusaglieschi – col vintage puoi solo indossare le cianfrusaglie, mentre invece con l’antiquariato puoi anche addobbarci casa.
Gli altoparlanti dei bar trasmettevano gaudiose musiche anni ’50, senza però animare il sepolto spirito vintage presente nel cuore dei partecipanti, i quali si aggiravano guardinghi per il mercatino, tutti incazzati, cercando di stabilire chi fosse più vintage degli altri.
(Una la salvo, dài!): tolta una bancarella di notevoli Lp che strizzava un grande occhio fiammeggiante al funky psichedelico anni ’60, [come già abbondantemente fatto presente] le altre offrivano esclusivamente capi d’abbigliamento polverosi, smessi, logorati dal tempo e dalla memoria di gente che a suo tempo, quando erano davvero di moda, lì indossò…
… per poi cercare di dimenticarli; non a caso, tutti quei cappelli, scarpe, sciarpe, foulard, occhiali, pantaloni ecc. , invece di essere gelosamente custoditi dentro armadi di rovere sono sbattuti lì su tristi banchetti, spacciati per preziose rarità a prezzi inaccessibili.
La fauna vintage si presentava identica alla fauna vintage che potei mirare quando abitavo nelle natie Marche.
2 modelli di umanoidi; le femmine erano tutte culone acchittate come ballerine charleston. I maschi, androgini ventenni effeminati, sembravano uomini di mezza età a tutti gli effetti(avevo fatto presente che parevano tutti gay?).
Il post non è un attacco contro questo (o un altro) tipo di moda; ognuno è libero di riporre la propria libertà nel recinto mentale che preferisce, non sarò di certo io a stabilire se un essere umano sia migliore nelle vesti di buddista, alfista, surfista o antiquariatista vintagiano.
Ciò che mi preme lo stomaco spingendomi a spingere i tasti premendoci con forza viscerale sono i cagnolini.
È ben noto che l’adepto di ogni “setta urbana” , abbia al suo fianco un suppellettile a quattro zampe, come imprescindibile accessorio d’identificazione.
Le signore borghesi hanno volpini o barboncini, talvolta gattini – da buone megere che sono.
I pancabbestia hanno cani di razza aggressivi - da buoni figli di papà che sono.
Gli skinheads hanno il bull dog - da buoni musoni che sono.
I barboni (NON pancabbestia) hanno cani randagi trovati in giro – da buoni giramondo che sono.
Ogni categoria ha il suo tipo di cane.
Ogni categoria - per meglio sentirsi speciale, diversa (dalle altre categorie!!!), deve necessariamente esibire un cane.
Un ulteriore accessorio che li distingua dalla massa che pone l'accento sulla porzione di massa d'appartenenza.
Immaginate un granello di farina per pizze che cerca di distinguersi dalla massa quando si trova nella massa…
Il post non è neanche contro l’omologazione volontaria del genere umano, ne sulle razze dei cani.
Forse è un post sulla nostra razza bastarda.
L’essere vintage non impone una particolare categoria specifica di cani prestabiliti da presentare obbligatoriamente ad ogni presentat’ arm, comunque anche loro hanno i propri cani-immagine.
E li portano in giro per queste fiere del cazzo.
Avrò visto almeno una trentina di cani spaventati, tremanti, con la testa bassa, la coda tra le gambe, muoversi incerti e terrorizzati in mezzo a quell’ammasso di cianfrusaglie, fallite ex dive del charleston e culattoni di professione (un gay posso anche capirlo; uno che si atteggia a gay perché fa parte dei comportamenti impostigli dalla sua setta/etichetta è un pochino da cerebrolesi [mio umile pensiero]).
Manco a prenderli in braccio – la maggior parte erano cagnolini piccoli – ‘sti senz’anima.
In effetti, se prendi in braccio il tuo cagnolino finisce che sporchi il tuo bel vestito vintage di peli di cane (che non proprio vintage), rischiando di beccarti una toxoplasmosi troppo al passo coi tempi per essere ritenuta vintage.
Se non altro, una volta che schiatti diventi tu stesso oggetto d’antiquariato.
Magari una botta di culo, un colpo di fortuna e un giorno qualche satanista vintage comprerà le tue ossa, le userà come ornamento.
Di sicuro comprerà le tue ossa in qualche sotterraneo oscuro, non in un'altra cazzo di fiera sotto casa mia.
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