La settimana scorsa non ho aggiornato il blog perchè sono tornato in terronia a trovare i miei e ho fatto veramente un sacco di cose. Il resoconto della vacanza-studio antropologico non l’ho scritto e non lo scriverò per vari motivi, tra cui...
Ieri sera, in macchina, stavo ascoltando un capolavoro di disco (“Gli onorevoli colleghi) registrato casarecciamente da un caro amico, Camillo Perazzoli - del quale potrete trovare qualche lavoro su youtube (corti) e myspace (musica; grazie alla cerqua).
A un certo punto di questo concept album politico, riferendosi a un parlamentare morto – che in realtà è seppellito vivo e, dentro la bara, realizza che gli onorevoli colleghi hanno fatto fuori anche l’onorevole Moro - , un losco figuro, scosso dalla più infima commozione proclama: - Rimarrà per sempre nei nostri cuori.
Non è molto sensata come frase.
Mi sono venute in mente altre frasi fatte di uso comune e proverbi, così ho iniziato a scriverle, commentandole.
Quanto segue è il frutto di quella jam session.
VIVRA’ SEMPRE NEI NOSTRI CUORI: fino a prova contraria – e non penso ci sia bisogno di far presente che “la scienza lo ha dimostrato” - un giorno, prima o poi, il cuore di ognuno cesserà di battere. Il ricordo di questa persona DOVE continuerà a vivere, nel carapace delle aragoste che nasceranno dalla putrefazione del cadavere? E poi, chiccazzo ha deciso che i ricordi vengono custoditi all’interno del muscolo cardiaco anzichè nella memoria a lungo termine stipata da qualche parte del cervello?!
D’ALTRA PARTE E’ COSI’: e mi sta bene, ma a me interessa com’è qui dove mi trovo ora. Cazzo me ne frega delle usanze di altrove?
MEGLIO UN UOVO OGGI CHE UNA GALLINA DOMANI: ... e se domani mi sentissi in diritto di concedermi una frittata e Mcnuggets, chi mi proibisce di avere tutto insieme, il contadino?
OGNI LASCIATA E’ PERSA: ... mettiamo il caso che la ritrovassi: dove potrei ritirare il mio premio? Comunque, fornitemi le indicazioni corrette per arrivarvici; potrei perdermi prima che la mia ragazza mi lasci.
AIUTATI CHE DIO TI AIUTA: Se m’aiuto da solo, che ci faccio con l’aiuto di un altro, oltretutto onniscente; se gli interessava davvero qualcosa di me avrebbe fatto in modo che non mi cacciassi nella merda.
LASCIA CHE SIA: ... o lo stato e la camorra faranno il resto.
UNA MELA AL GIORNO TOGLIE IL MEDICO DI TORNO: per caso esiste un misterioso e misconosciuto veleno, insito nelle mele, che agisce esclusivamente sul dna degli iscritti all’albo dei dottori e dal quale TUTTI gli altri sono immuni?
CHI VA PIANO VA SANO E VA LONTANO: ... poi si annoia. E s’ammala. Quando stai male vovrresti essere in casa. O altrove. Forse è qui che uno inizia a contattare la condizione ideale per apprezzare “d’altra parte è così”.
L’ITALIA E’ UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO. Quando il lavoro scarseggia, tipo adesso, diventa un oligarchia sorretta dalla disoccupazione.
Perchè quando “vai in pensione” rimani dentro casa? Mi aspettavo almeno uno chalet al mare. Cambiategli nome, tipo: - E’ anziano, ha raggiunto l’età per andare in parcheggio.
Ogni democrazia è caratterizzata dal diritto al vuoto.
QUANDO IL GATTO NON C’E’ I TOPI BALLANO: e quando c’è, cazzo fanno, giocano a carte? Si fanno l’aperitivo? I gatti odiano i topi perchè gli ricordano come si stava prima, ai tempi in cui all’ominide bastava avere un fottuto cane come migliore amico.
In democrazia vince la maggioranza. La “maggioranza” è la metà + 1. In dittatura la maggioranza è 1. Dalla specie più evoluta mi sarei aspettato qualcosina di più.
CARABINIERI, POLIZIA, FINANZA, FORZE DELL’ORDINE: la natura è ordine. Se ha bisogno di “riequilibrarsi” avvalendosi dell’aiuto di forze incarnate dagli esponenti più disordinati della specie più inutile che ci sia, viene da alzare la mano, chiedere: - Di preciso, quand’è che siamo diventati così idioti?
CHI LASCIA LA STRADA VECCHIA PER QUELLA NUOVA, SA QUEL CHE LASCIA, MA NON SA QUELLO CHE TROVA: Oggi come oggi, rincoglioniti come siamo, senza tom tom mi viene da farvi tanti auguri di ottima fortuna.
BUONA FORTUNA: esiste anche la “cattiva”? FORTUNA basta. Magari abbiamo fatto precedere il “Buona” per non far confusione cono l’omonima marca di sigarette...
Siamo stati rincoglioniti dal calcio, tanto che quando non ci capiamo più niente diciamo: - Sono nel pallone - . Le partite si giocano allo stadio: non avrei trovato termine migliore per definirlo; uno stadio mentale regredito.
Il supermercato non sembra così super, tantomeno mercato. Prima cosa: il mercato si fa all’aperto. Seconda cosa: al “supermercato”, perchè vedo tanti schermi sintonizzati su “La prova del cuoco” e non ce n’è uno che trasmetta l’andamento della borsa?
CRISI DI GOVERNO: Pensa a tutta la tua vita: sei mai riuscito a prendere una decisione senza andare/mandare in vacca tutto? Non sei capace di governarti. E mandi politici a farlo al posto tuo. I politici sono gente come te, con la propria vita, identica alla tua (miliardi in banca a parte). Se non sono in grado di governare la propria vita, figurarsi quella degli altri. A ‘sto punto invece di dire “crisi di governo” parlerei di “ordinaria amministrazione”. Perciò la crisi di governo ci sarà sempre.
DOBBIAMO LASCIARCI: ... perché, ci tenevamo? Non me n’ero accorto. Dov’era il precipizio? Chi teneva chi? Comunque, sei tu che hai mollato la presa, lasciandomi precipitare.
ORIGINARIAMENTE: ... e prima? Cosa succedeva? La mia curiosità supera il punto di partenza della curiosità delle masse. Sono un esploratore. Nonostante ciò, come tutti voi, originariamente anche io ero una goccia appiccicosa nei testicoli di papà.
È STATA UNA GRANDE PERDITA: approssimativamente siamo 7 miliardi di persone, di cui 4,5 donne, che ogni mese, per 2,3,4, talvolta 5 giorni filati hanno perdite, e non vanno mica in giro a spaccare le palle. Le donne non si sopravvalutano.
OGGI A ME, DOMANI A TE: e agli altri? Perchè dobbiamo sempre mettercelo in culo 2 a 2 e non fare le cose in grande, tipo un orgia dionisiaca? È perchè siamo abituati a pensare in piccolo.
CI VUOLE PIU’ LA SPOSA A RIVESTISSE CHE LU TEMPO A RICAMBIA’: dipende da quanto la sposa sia bipolare. Perchè il tempo cambia facilmente come la sposa ripensa, sull’altare, a quanto sia tutto sommato una giornata di merda, e mettersi quel vestito sia fottutamente faticoso. E inutile.
L’HA MESSA SU UN PIEDISTALLO: e poi? Cosa ci ha fatto? Sapevo che frequentavi compagnie sbagliate.
POI SI VEDRA’: e se prima di “poi” ti viene un ictus mi lascerai tutta la vita in un purgatorio, girando nel vuoto, su me stesso, aspettando la risposta?
DOBBIAMO LAVORARCI SOPRA: anche perchè lavorandoci sotto si rischia di abbracciare – e quindi agire di conseguenza a – una visione medievale della Terra.
DIVINITA’: e per chi beve solo birra? E gli astemi? Sono tutti fottuti?
LASCIA IL TEMPO AL TEMPO: è un modo educato per dire che, anche stavolta, non erediterai un cazzo.
SCHERZA COI FANTI MA LASCIA STARE I SANTI: per quanto siano sacri sono ancora troppo suscettibili. Fossi in voi, con una vita talmente povera da sprecarla in sciarade con patiti d’equitazione, dubiterei sull’infallibilità che certa gente proclama.
LA FOGA DEL MOMENTO è il trighego del mese? È meno importante? Bisogna equilibrare le sessualità animali.
IO VOGLIO: .... buona fortuna!
NON MI SENTO IN PACE CON ME STESSO: inizia a far pace coi tuoi genitori; potrebbe essere un inizio. Vedi tu. Basta che non spari per primo.
BEATI GLI ULTIMI CHE POI SARANNO I PRIMI: nel frattempo gli ultimi fermenteranno. E quando diverranno i primi, i nuovi ultimi capiranno perchè i primi sono così stronzi. E il ciclo continua...
MOGLI E BUOI DEI PAESI TUOI: ‘sta gente non crede nel libero mercato. È un bene o un male? So solo che basare tutto sugli averi, sul possesso, porta a pensare come un contadino, lo stesso che deve aver coniato questo proverbio (che pare più un atto estremo di volontaria ignoranza).
DEVI RIMETTERTI IN CARREGGIATA: ... e pensare che prima di prendere la patente stavo meglio.
RACCOGLIERAI SOLO CIO’ CHE SEMINI: un po’ come dire che tirerai l’acqua su quel che hai depositato in fondo al cesso.
Ieri è andata così. Spero di avervi strappato un sorriso... e che non mi andiate a denunciare, facendomi passare per un borseggiatore...
AUGURO A TUTTI UN FELICE... no, col cazzo; troppo pretenzioso, capzioso e fazioso.
AUGURO A TUTTI UN SERENO 2013, SPERANDO CHE NON SI INVENTINO UN ALTRA CAZZATA TIPO 21-12-12 PER INSCATOLARCI NELLE SOLITE PARANOIE DEL CAZZO.
lunedì 31 dicembre 2012
lunedì 17 dicembre 2012
PROIEZIONE... CHE BEL FILM
Avete notato qualcosa di diverso queste ultime due, tre settimane – se non da qualche mese? Non avete la sensazione che qualcosa stia cambiando? Intendo nel piccolo, nel vostro quotidiano.
Elettrodomestici che non funzionano, computer che si spengono da soli senza motivo, o che si beccano virus dal nulla.
Casalinghi Fenomeni Elettromagnetici da piccolo incubo post Stephen King?
Secondo alcuni scienziati, tra cui Giuliana Conforto, il 21-12-12, famigerata, presunta data della fine del mondo (magari… non siamo così fortunati) le fasce di Van Halen – non il chitarrista, presunto inventore del tapping (anche perché molti anni prima già lo faceva Steve Hakket) – ci assottiglieranno progressivamente fino a salutarci e…
Proiettare diverrà un ricordo. Non succederà dall’oggi al domani; ce ne accorgeremo.
Prima cosa: cazzo c’entrano ‘FASCE DI Van Halen’ e ‘proiettare’ con gli elettrodomestici?
La terra è in un campo magnetico. Io, tu, tutti noi siamo campi magnetici. Gli elettrodomestici (‘elettro-domestici; elettrici) come noi, generano e-let-tri-ci-tà. Questi campi li vedo un pochino, ino, ino, strettamente collegati. Oserei quasi definirli ‘simultaneamente, reciprocamente concatenati’.
Il nostro campo elettromagnetico influisce sugli elettrodomestici. Se pensate sia fantascienza, pensate. Vi invito a sentire cosa stavate provando, a livello emozionale, due secondi prima che il computer si spegnesse. Era gioia di vivere, di essere lì a fare con piacere una cosa che vi soddisfa, o eravate in ansia di controllare le mail, andare su FB a vedere questo o quello, e simili?
Supposizioni.
Sapete cos’è la proiezione?
È un meccanismo della nostra mente. Freud fu il primo a parlarcene e a dargli un nome. È una teoria. Solo una teoria.
Eppure, se iniziate a osservare la vostra vita, quella degli altri, vi accorgerete che si basa tutto sulla proiezione.
Detto in parole talmente povere che, fossero mendicanti, andrebbero alla stazione a chiedere l’elemosina agli elemosinari: quando ti senti in colpa, proietti l’odio per te stesso verso un'altra persona, entrandoci in conflitto.
Per ‘sentirsi in colpa’ intendo lo stato in cui ognuno di noi, ogni giorno, è prigioniero per il 90% del tempo. Per sentirci in colpa basta un piccolo, sottile – tanto che il più delle volte non ce ne rendiamo neanche conto – pensiero di giudizio.
ESEMPIO. State tagliando il pane, una fetta vi viene brutta e asimmetrica. Per un infinitesimale il vostro cervello ha pensato, - Che idiota, non sono neanche in grado di tagliare una fetta di pane - . Entra qualcuno in cucina, vi dice qualcosa, qualsiasi cosa. Subito avete la sensazione che la vi abbia attaccato, che vi abbia offeso SENZA MOTIVO.
Che quella persona sia incazzata con voi, o che abbia bisogno di prendersela con qualcuno perché la sua giornata fa schifo – mentre la vostra è bellissima. Dio, quanto stavate bene prima che quello stronzo venisse a darvi fastidio con la sua infelicità.
CERTO CHE LE PERSONE SON’ PROPRIO STRONZE, EEEHHH?!
Il meccanismo è questo. Se, quando tornate lucidi e calmi perché l’incazzatura vi è passata, riavvolgete il nastro, setacciate alla moviola le dinamiche di come si sono svolti gli eventi, la conversazione, il tono che ha usato la persone, quali parole ha detto esattamente, e la vostra reazione, probabilmente dovrete riconoscere che quel ‘nemico’ vi aveva fatto una semplice richiesta, oppure vi aveva detto un banale – Oggi piove - , così, giusto per fare due chiacchiere, e voi avete proiettato su quelle parole una miriade di personalissime insinuazioni tipo, ‘Mi sta prendendo per il culo perché ho tagliato una fetta di pane che sembra un aborto’ , ‘Oggi piove che significa, sta insinuando che io sono di cattivo umore? Perché non si fa i cazzi suoi, come si permette’ , ecc. ecc. ecc.
Questo era uno dei migliaia di casi con cui la proiezione avviene. Parte sempre da un giudizio che diamo a noi stessi e poi, incapaci di riconoscerlo per ciò che era – un misero giudizio senza valore – andiamo subito a cercare il nemico, che si trova sempre FUORI, lontano da noi.
Si dice, SI DICE che questo fenomeno sia possibile grazie a queste fasce di Van Halen, che sono come una sorta di ‘specchio’ elettromagnetico attorno alla terra, e che funge da ‘muretto dello squash’.
Cioè, io ho la mia pallina di merda (giudizi), la scaglio contro il muretto, e quella ritorna indietro, all’infinito, fin quando continuerò a colpirla.
Nessuno ha mai battuto il muretto a squash.
Che ci crediate o meno alle barriere non è importante. Quanto alla storia della proiezione vi basterà osservarvi litigare con qualcuno o con voi stessi, tipo quando ve ne state a rimuginare per ore contro questa o quella persona che vi ha dato fastidio.
Invece di farvi possedere dalla collera osservate senza giudicare. Guardate. Siate un osservatore silente. A cosa stavate pensando prima di litigare con qualcuno – o anche con voi stessi?
Pochi istanti prima del delirio, dov’eravate con la mente?
Talvolta la proiezione si rivela un fenomeno immediato, questione di secondi; altresì può capitare che il famoso ‘giudizio’, il quale scatenerà la guerra tra voi e ‘altri’ lo formuliate alle 12 e alle 14, dopo due ore che siete rimasti lì a rimuginare, fermentare di rabbia - solo che per svariati motivi, tipo essere rimasti isolati tutto il tempo, ripetendovi ‘va tutto bene’, ‘non c’è niente che non vada’, ‘ è fatto così perché è così, è il suo carattere’ – avvenga una proiezione non su una persona bensì su una situazione.
Accendete la tv. C’è il telegiornale. Una notizia qualsiasi (tanto sono tutte uguali; hanno il solo, unico scopo di mettervi a credere che è tutto una merda, che non si può cambiare nient, che siete privi di qualsiasi potere decisionale nei confronti della vostra vita), e subito intercettate un nemico con cui prendervela: il debito pubblico, la crisi, i terroristi, il partito politico che non avete votato affonda l’economia ecc.
E passerete una giornata d’inferno odiando il prossimo… che in realtà è odiare voi stessi, perché il fegato che patisce travasi di bile di rabbia è il vostro, non quello dei politici o dei terroristi.
Penso non ci sia molto da ‘sforzarsi a credere’ a quello che sto dicendo, prima cosa perché non me lo sto inventando. Potete informarvi. E secondo, perché un fenomeno così quotidiano,palese, reiterato, che probabilmente vi è successo poco prima di mettervi a leggere, o succederà a distanza di ore.
Negare la nostra abilità a proiettare sarebbe come negare che il frigorifero che avete in cucina serva a mantenere intatti gli alimenti. Lo avete lì, lo usate tutti i giorni; dubitereste del vostro frigo?
… anche se non vi farebbe male dubitare di TUTTO. I dubbi portano domande, le domande disfano le certezze. E sono queste ultime che ci ingabbiano in una visione monodimensionale della vita. E quando vedi la vita dal buco della serratura, allora sì che il telegiornale ha ragione e non puoi fare niente nella vita, se non vedere cosa decideranno per te ‘gli altri’.
DISFARE L’ILLUSIONE DI SICUREZZE, DI CERTEZZE: Vogliamo tutto ‘sicuro’: il lavoro, l’amore, i soldi. Anche se sappiamo che di sicuro non c’è mai stato niente. Solo l’idea di sicurezza.
E’ MA UNA VOLTA, QUANDO TI ASSUMEVANO ERA FINO ALLA PENSIONE, OGNI MESE PRENDEVI I TUOI SOLDI, E I MATRIMONI NON FINIVANO IN DIVORZI COME FINISCONO ADESSO, ALLA VELOCITA’ DELLA LUCE.
È vero anche questo. Allora vi porgo un altra domanda: quelle persone del ‘sicuro passato’, che facevano lo stesso lavoro tutta la vita, che avevano sempre a disposizione somme di denaro che gli – ipoteticamente – permetteva di dormire sonni tranquilli, accanto alla stessa donna (o uomo) per tutta la vita… erano sereni? Avevano la certezza matematica di avere sempre e comunque il culo parato? Passavano tutta la vita senza nutrire neanche un briciolo di dubbio nei confronti del futuro ?f
E soprattutto, erano davvero felici?
Non sto insinuando che ci sia un meglio o peggio, che le persone del passato siano state una massa di infelici timorosi del domani e che ‘noi’ stiamo meglio di loro.
Volevo solo buttarvela lì. Poi, ognuno trarrà le sue conclusioni.
E le conclusioni di ognuno saranno tutte, egualmente VERE… entro i limiti del cranio di chi ha formulato la verità.
Non oltre.
Buona vita.
Ps: Van Halen è stato uno tra i chitarristi più sopravvalutato della storia della musica. Tolti i primi due dischi con David Lee Roth ha fatto inciso solo merda per fighetti anni ’80 che manco gli Europe sono stati in grado. Si fotta lui e il suo presunto ‘pionierismo tapping’.
… alla faccia della proiezione…
lunedì 10 dicembre 2012
ARRIVEDERCI L'ANIMA
AVVISO AI SIGNORI LETTORI.
Consiglio un bel copiaincolla su word. Leggere tutta 'sta fuffa con lo sfondo nero è straziante.
Consiglio un bel copiaincolla su word. Leggere tutta 'sta fuffa con lo sfondo nero è straziante.
La cosa più preziosa che mi ha lasciato la scuola è l’aver imparato a dire cazzate di serie A.
Prima di entrare in questa sala d’attesa dove si preparano gli operosi, ubbidienti lavoratori di domani, avevo già sviluppato un discreto talento nel raccontar bugie, tanto che nel mio primo romanzo gli dedicai un piccolo saggio in cui illustravo lo schema che bisogna seguire per essere creduti sempre e comunque durante un botta e risposta con l’autorità.
Il fulcro su cui poggia una balla raccontata come si deve – che comporta 1) Ricevere consensi 2) Passarla liscia – è la particolarità dei dettagli con cui la si modella, definendola microscopicamente.
Per venire creduti bisogna non è importante mettere tanta carne sul fuoco, ma fare una descrizione sentita e minuziosa del fumo esalato dalla fiamma che la sta riscaldando. Se basate il discorso sulla ‘carne’ – che è da intendersi metaforicamente e letteralmente, in quanto è la tua ciccia che sta bruciando per il senso di colpa, perché ci piaccia o meno, quando si racconta una balla a qualcuno in realtà si sta mentendo a noi stessi, e ciò non fa piacere a nessun essere umano – fallirete, anche se l’interlocutore è un credulone ignorante bonaccione.
Bisogna scavare nel cuore della cazzata, facendo partire le vostre argomentazioni da un piano ‘intermezzo’. Rimanendo in ambito scolastico, un esempio pratico potrebbe essere il seguente.
Non avete fatto i compiti, niente giustificazione sul diario, e dovete dirlo alla professoressa che ha già preso il registro per mettervi la nota.
Se volete cavarvela col celebre – quanto abusato – ‘Non ho potuto fare i compiti perché me li ha mangiati il cane’, non potrete presentarvi al ricevente con questa frase così come l’ho scritta – che tra l’altro, negli anni è stata divulgata al punto da essere di per sé una battuta/frase-fatta/clichè smontante qualsiasi forma di credibilità ancor prima che gettiate le basi sulle quali ergere la vostra versione ufficiale dell’11 Settembre (restando in tema di grosse, grossissime cazzate) - , prima dovete lavorarci su.
Un buon inizio potrebbe essere descrivere le emozioni che provavate fissando inorriditi la saliva del cane, talmente arrabbiato, affamato, che per un attimo avete avuto paura di vivere in una casa protetta da una bestia simile, che pensavate di conoscere, e che adesso non mettereste più la mano sul fuoco riguardo quella che credevate fosse un inconfutabile massima, "Il cane è il migliore amico dell’uomo", perché l’esperienza si è rivelata una grande lezione sul fatto che non ci si può fidare di nessuno, tantomeno di una creatura appartenente a una specie diversa, sebbene possa sembrare vagamente razzista, e sebbene ci abbiano insegnato che sin dalla notte dei tempi il rapporto cinofilo di cooperazione antropologico canina ha prodotto cambiamenti, a livello umorale – e su questo ‘umorale’ inserire, se ve la sentite, un breve appunto su una fantomatica cugina guarita dalla depressione grazie alla pet terapy – e morfologico nell’antroposfera, dai tempi delle società matriarcali sino ai fallocratici giorni nostri.
Di fronte a un simile banchetto di novelle cuisine postmoderno-avant pop la professoressa potrebbe persino scordarsi perché gli avete sparato tutto ‘sto pippotto, magari premiare il vostro spirito d’osservazione, elogiare l’opportunità che ha comportato non aver potuto fare i compiti in quanto, più che un incidente, il fatto si sia rivelato un pretesto dal quale avete tratto un importante lezione di vita – mero traguardo che alcuni professori sono convinti di poter impartire passando attraverso quel luogo d’indottrinamento sociale , cardine del sistema, che è l’istituzione scolastica.
L’altra ‘cazzata madre’ che altresì gode di fama satirico fallimentare, brillante di cinematografico splendore pierinesco è "Professorè, non ho fatto i compiti… s’è morta nonna".
Per raccontare quest’altra cazzata si può usare uno schema simile a quello presentato sopra, sostituendo la saliva del cane con la straziante visione del corpo senza vita di quell’imprescindibile figura familiare che si è rivelata, col tempo e l’esperienza, il prototipo di genitore ideale, privo di difetti, che vi passava le caramelle sottobanco, quand’eravate in castigo, che prendeva le vostre difese, anche se naufragavate in una tempesta di torto marcio, quando stavate litigando coi genitori, sbizzarrendovi su dettagli toccanti; se vi giocate bene la carta ‘mimica facciale’ riuscendo a produrre un espressione coriaceo costernata, potrete pescare tra bizzeffe di teneri aneddoti autobiografici – o di fantasia – , al centro dei quali voi piccini, che ancora non vi reggete bene in piedi, infagottati tra le mani di lei che vi tiene in braccio, il sapore gentile di quelle Rossana alla cannella, tornando spesso sulla figura tenera della nonna - sembra ieri, avete la sensazione che sia ancora lì, dietro i fornelli, preparando il sugo per gli gnocchi fatti a mano, con tanto amore, dalle cinque della mattina, col solo scopo di riunire la famiglia, passare una bellissima domenica come si faceva una volta (con la maggior parte delle persone funziona alla grande denigrare il presente, lamentarsi di quanto tutto faccia schifo, ed elogiare il passato, urlare a gran voce quanto si stava meglio ai bei vecchi tempi).
Il movente di questo post puntuale – ultimamente non pubblico più con la precisione di un orologio spaziale, ogni lunedì mattina – è che per la prima volta mi trovo a poter usufruire della seconda balla senza dover sfoderare l’espressione coriacea, tantomeno far leva sui dettagli teneri da fiction di Canale5, perché d’ora in poi, quando non potrò consegnare i compiti e dovrò raccontare che non li ho potuti fare perché nonna è morta – tolto il fattore spaziotemporale – dirò la verità.
Sabato mattina nonna è morta. Per sua sfortuna non era dietro i fornelli a fare gli gnocchi, ma sdraiata su un letto di ospedale, mentre un tubo le drenava i reni.
Era morta da tempo, anche se ogni volta che l’andavo a trovare era imbalsamata sul tavolo della cucina, fumando Philip Morris One una dietro l’altra, mentre Rita dalla Chiesa le insegnava cos’è bene, cos’è sbagliato, cosa comprare e quando uscirà l’ultimo libro di ricette di Suor Germana – che porca puttana continuano a pubblicarla nonostante si sia tolta dalle palle 1000 piatti di spaghetti fa, quando a me a momenti non m’hanno pubblicato manco il certificato di nascita, figurarsi il romanzo o i racconti.
Ma questa è un'altra trista novella. Non ho niente contro Suor Germana, tantomeno con Antonella Clerici, Benedetta Parodi o Lorella Cuccarini – ebbene sì, anche lei si è data alla narrativa gastronomica – anche perché, se devo essere sincero, queste ultime rappresenterebbero 2 tipologie di donne dalle quali mi farei cucinare qualsiasi cosa in qualsiasi momento.
Tolto questo appunto sul mio orientamento sessuale che potrebbe sembrare fuori luogo, visto che stavo parlando di mia nonna che non potrà più gustarsi il deretano danzante della Parodi che cucina lasagne che nessuno mai potrà mangiare (almeno, fin quando non commercializzeranno la Televisione Odorosa di cui parla Huxley in ‘Brave New World’), sto cercando di rielaborare un lutto servendomi del canale scrittura.
Parlo di elaborare il lutto perché, se da una parte la cosa mi toccato, dall’altra sono felice. ‘Felice’ è inappropriato, ma rende vagamente l’idea.
Ho imparato che tutti gli esseri umani, persino quelli freddi, calcolatori, cinici e spietati come me, provano le emozioni allo stesso identico modo. ‘Provano’ in senso fisico. Tutto avviene nella pancia, sottoforma di rivelatori brontolii.
Quando mamma ha chiamato per darmi la notizia, e l’ho sentita piangere, prima che iniziasse a parlare ho staccato la spina al cervello, isolato il canale uditivo, e mi sono concentrato sulla pancia, perché sapevo che rimanendo sul piano intellettuale mi sarei raccontato un mare di cazzate, tutte quante vere e dettagliate come la minchiata del cane compito fago e avrei detto NO a un istante di verità. Non avevo bisogno di sentirmelo dire letteralmente, avevo intuito il messaggio, e necessitavo di rimanere a digiuno di solipsismi giustificatori*.
TEMPORANEE NOTE A PIE’ DI PAGINA (SCHIAFFATE QUI PERCHE’ SOTTO NON RENDONO)
*DEFINIZIONE DI SOLIPSISMO GIUSTIFICATORIO ‘Discorso solitario, orale o mentale, avente come fine la giustificazione autoreferenziale** di chi parla o pensa’.
**ECCONE UN ESEMPIO PRATICO: ‘Nonna si era stufata di vivere almeno sei anni fa. (semi)viveva una vita del cazzo, costellata di dolore fisico e morale. Era frustrata, demotivata, stanca. Passava TUTTE, TUTTE le giornate ipnotizzata da antidolorifici e da una scatola crea mostri spara stronzate, guardando figure moventi senza capirne il senso – come se esista un implicito significato nelle cause (pseudo) giuridiche che si svolgono negli studi televisivi, adibiti a falso tribunale, in cui vengono preregistrate le puntate di Forum, in cui attori da 2 soldi recitano il ruolo di poveracci al centro di una vita altrettanto miserrima al punto da trascinarsi di fronte a milioni di persone per spiattellargli in faccia i propri cazzi (e poi, quando sono a casa loro, e litigano coi familiari, ripetono ogni tre secondi, - Non urlare che ci sentono i vicini) – fumando sigarette che spegneva a metà perché il blocco artico di catarro nei polmoni la faceva respirare come una betoniera colma di cemento, catrame, monossido di carbonio e quant’altro andava ad aggiungere benzina sul fuoco che le logorava le gambe, chirurgicamente aperte e farcite 4 volte, piene di metallo a un livello che il T1000 di Terminator2 e lo stronzone di Robocop gli potevano fare 6 pippe a 12 mani cibernetiche.
FINITE LE NOTE.
Con tutte queste stronzate pigiate nel cranio, come avrei potuto elaborare il lutto – dato che sembra più l’elaborazione di un criptico racconto labirintico sperimentale noioso?!
Le emozioni vanno vissute, non ragionate.
L’elaborazione di sabato e ieri è stata di natura fisica. Sono stato attento a come mi sentivo, cosa provavo, come mi sembravano le cose che facevo – con, stipate di fronte agli occhi mentali, due sue fotografie, speditemi via MMS da mia cugina.
L’attuale post è servito a favorire un elaborazione ‘ai piani superiori’, e ho deciso di farla sotto gli occhi di tutti, come un cazzo di attore di Forum.
Le emozioni vanno vissute, non ragionate è formula applicabile nella prima fase, l’elaborazione fisica. Una volta vissute col corpo, le emozioni vanno descritte a parole, sennò te le porti dietro, tornando a tampinarti le palle quando meno te lo aspetti, sottoforma di litigi col primo che capita, malumore, ansia e tutte le altre psicocazzate inventate dagli psichiatri per aggiungere un'altra pagina al DSM (quel librone in cui sono riportate le peggio patologie immaginabili nate dalla fantasia di un medico qualunque, votate, e dichiarate UFFICIALI per alzata di mano).
Il potere della scrittura è di concretizzare materialmente la fuffa filosofica che caratterizza le nostre giornate da esseri semi-viventi.
Per quanto vari maestri indiani, cinesi, giapponesi, ci ricordino l’importanza di non identificarci con le emozioni ( l’identificazione avviene prima nella mente, poi si manifesta nel corpo sottoforma di disturbi e malattie), di cercare di vivere il più possibile nel momento presente, quindi approcciare alla vita con leggerezza, smorzandone il lato intellettuale, penso sia importante provare le emozioni su tutti e due i piani.
Poi, se mai mi illuminerò, sarà tutta un'altra storia.
Magari svilupperò poteri medianici, canalizzerò messaggi interdimensionali, scriverò libri sul risveglio spirituale, e magari potrò rifarmi 4 chiacchiere con nonna in una seduta spiritica.
Chi lo sa.
Adesso sono le 9:12, sto quassopra dalle 6:00.
Penso di essermi sufficientemente alleggerito.
Ringrazio quanti di voi mi hanno seguito in questo processo catartico, durante il quale mi sono messo nelle condizioni utili a far pulizia di una serie di cazzate che mi portavo dietro da tanto, tanto tempo (vedi nota ‘**’).
Grazie a tutti e buona settimana.
E non morite.
lunedì 3 dicembre 2012
CIFRATA GENESI DELLA RESISTENZA
El pìa, el pià.
Lo ripete da stamattina alle 07:00.
Si trascina per le vie del paese e: - El pìa, el pìa.
Sarà “Lui prende”?
Sarà “Il Pia”?
Quel che è, adesso, in questo momento (ore 11:00) ci fornisce un altro indizio: - La morte dei manichini… porco dio… come si chiama?
Stamane Sergio il Matto è davvero in forma; i suoi componimenti linguistici sono sempre temprati in una sorta d’ermetismo d’altri tempi.
Quest’oggi ci sta invitando a… presto lo scopriremo.
La settimana scorsa l’enigma da risolvere era: - … una pom-pa ad altìssimo PPpotenziale.
La soluzione non ce l’ha detta. Potevo scendere in strada a chiederglielo; stavo facendo altro.
Proviamo a dare una risposta plausibile all’enigma quotidiano.
“EL PIA, EL PIA. LA MORTE DEI MANICHINI… PORCO DIO… COME SI CHIAMA?”
Anzitutto, curioso il fatto che l’enigmista (Sergio) introduca un elemento interrogativo, il che ci pone di fronte a un enigma ibridato di indovinello. Rispetto ai suoi canonici standard, Sergio si sta evolvendo; di solito denuncia gli abusi e le ingiustizie alla quali assiste di tanto in tanto e poi, magistralmente, le ripropone ai paesani sottoforma di enigmi strillate, così da invogliare il pubblico a ragionare, a impiegare del tempo per porsi domande.
Stavolta è lui che ci pone direttamente una domanda, come se volesse instradarci. Magari è un tranello, chi lo sa; è tutto da vedere.
EL PIA: fosse “Egli Prende” (Lui “pìa”), voce del verbo prendere, terza persona singolare, la prima strofa potrebbe riferirsi a qualche oscuro figuro che si appropria indebitamente di qualcosa di comune, come ad esempio beni pubblici – e che a sua volta potrebbe ricollegarsi alla faccenda dei manichini, la cui morte è ancora da verificare se sia avvenuta per cause naturali o se (sempre rimanendo nell’ottica di “El” come persona fisica) siano stati assassinati da questo ladro sottrattore di beni collettivi.
Nella seconda ipotesi, Sergio sta suggerendo che EL PIA, cioè, “PIA” sia il nome del malfattore in questione, o il soprannome.
Per quel che mi riguarda, potrebbe anche essere un acronimo identificante un gruppo terroristico armato invischiato nel traffico illecito di manichini (Procacciatori Internazionali di Automi). Sergio è sempre stato un maestro degli acronimi (si ricordi il celeberrimo caso “E ti, e mi la spoglio E.P.P.GNA.GNE”).
Analizziamo ora la seconda parte.
LA MORTE DEI MANICHINI.
Molte scuole di pensiero potrebbero ragionarci - e scontrarsi - per giorni, senza venirne a capo.
La morte dei manichini potrebbe essere una metafora con la quale Egli (Sergio, non il Pia) ci sta avvisando che le persone (i manichini) diventate automi a causa d’una vita sempre più frenetica e vuota, si stiano piano piano spegnendo.
Perciò , il di Sergio cantare è da intendersi come un lavoro di risveglio collettivo, più che semplice gioco di parole.
Altresì, la dipartita di manichini sarebbe da accettare letteralmente come la fine di una dinastia originaria di queste parti: la famiglia Manichini - la quale sta per volgere al termine; niente eredi maschi; gli ultimi discendenti della sopracitata famiglia sono rimasti 5, tutte donne vedove.
Sergio potrebbe riferirsi alla fine di un’era di tirannia aristocratica e a un invito - rivolto alle persone – di mettersi in condizione di totale disponibilità verso l’inizio di qualcosa di nuovo.
Scarterei questa spiegazione “profetica” dell’enigma settimanale.
PORCO DIO
Quanto a questo “porco dio” che, sebbene sembri gratuito, altresì rappresenta il cardine su cui si regge l’intricato puzzle.
Se da una parte potrebbe sembrare un imprecazione, in questo “porco dio” io riesco a scorgere, sì, del rammarico, ma anche un altro acronimo che ci trasporta sempre più vicino la sorgente delle soluzioni.
N.B. Sergio non è mai banale nelle scelte stilistiche con cui formula i suoi capolavori da decifrare.
P: “Per” - O: “Ora” - R: “Ritiro” - C: “Cio’” - O: “Ovviamente” - D: “Dispongo” - I: “Irrequivocabili” - O: “Ordini”
Letta così, la faccenda si ribalta; anziché l’indovinello settimanale, Sergio sta istruendo i suoi uomini sul da farsi, prima di intraprendere un azione di guerriglia urbana volta a spodestare la famiglia Manichini dal proprio tirannide trono.
PER ORA RITIRO CIO’: ritira l’indovinello settimanale; ci sta parlando ma non è un indovinello come al solito (anche se in futuro ne promette di nuovi – o il “per ora” non lo avrebbe inserito).
“OVVIAMENTE”: è da intendersi che sicuramente, indipendentemente da ciò che succederà, finché avrà energia in corpo continuerà le sue attività di enigmista.
Il che ci porta alla conclusione: COME SI CHIAMA?
Ed è ovvio: come si chiama il più grande capo guerra della zona, dotato di abilità mentali fuori dal comune?
Sergio.
Grazie a questa nota auto celebrativa finale, riusciamo a decifrare l’intero enigma - presentatoci sotto forma di ‘quasi’ indovinello strillato a gran voce, coniato con lo scopo di risvegliare la nostra coscienza addormentata, facendoci prendere atto del problema “tirannia aristocratica” che da troppi secoli schiaccia i nostri capi chini, che persiste incontrastato, che presto finirà, perché ancor prima di nascere (e mobilitarsi) la Resistenza ha già trovato un leader, un nuovo salvatore.
COME SI CHIAMA?
Sergio.
Dio mio che fatica, vivere col cervello che mi ritrovo.
A lunedì prossimo.
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