Li vedi, amore? , stanno tornando a casa trainandosi i loro bei camper carichi di biciclette, televisori satellitari e cose buone da mangiare.
Stanno tornando dove credono di abitare, le ferie hanno finito di stargli in grembo, così, amore mio, stanno tornando a casa, per soffrire in madrelingua.
Oh, yeah.
Occhi di vetro si parcheggiano ai lati della strada, scrutano senza comprendere perché il sole abbia cominciato a morire prima del solito.
In televisione qualcosa avevano vagamente accennato, ma hey, man, le ferie sono finite, adesso cominceranno altri guai.
Pronta per un altro giro di giostra, amore?
In pista, solo il ricordo sbiadito di anziane vite, l’eco di passi da balera riecheggia per la sala, il deejay ha capelli bianchi, occhi evaporati dal tumore al pancreas.
Anche lui sta tornando a casa.
Per sempre.
Oh, yeah.
Quanto amore potrai ancora darmi, col portafogli asciutto, labbra secche, nessuna idea su come trascorrere le ferie l’anno venturo?
Dammi un bacio, amore.
Giuro, te lo pagherò, uno di questi giorni.
Forse no.
L’importante è ora, qui.
Nel cesso.
Oh, yeah.
Li vedi, amore, come risalgono le cascate dello sciacquone del water? , sembrano salmoni, tornano a casa nelle apposite scatolette d’alluminio commercializzate dalla Coop, baby.
Oh, diar-re-he-yeah
Non parlo indiano, baby, un moto intestinale denso, come l’Om, più illuminante della legge di Ohm, ma mo, amò, è tempo di tornare a casa, la babysitter avrà evaporato i cervelli dei bambini, il Ritalin è una caramella seria anche a piccole, sporadiche dosi, ma necessaria, perché previene controversie casalinghe.
Prevenire è peggio che perire.
Oh, yeah.
Non fare quella faccia dominante, quelle strisce bianche pitturate per terra ti danno diritto a passare, mica a fare lo stronzo, intesi, man?
Se ho un problema con te, per estinguerlo, devo lavorare su me stesso.
Se hai un problema con me – ma io sto benissimo con me – , e tu lo vuoi risolvere lavorando contro me, siamo nella merda, Capo.
Ancora un attimo signora, le do un'altra chance.
Anche se a occhio e croce di Cristo non entrerà mai in quell’antro, le do tutto il tempo che le serve per capirlo da sola, manovra dopo manovra. Può mettere le sue belle manine sul volante rivestito dalla guaina di paillettes rosa che le è stato inconsapevolmente regalato per San Valentino, girarlo a destra, persino verso sinistra, mezzo giro qua, due giri dalla parte opposta e sperare, speri signora, non molli, non gliela dia vinta!, giri in senso orario, ¼ di giro dirimpetto al meridiano di Greenwich, poi un altro semi giro, ½ giro a piedi uniti, saltello, un ballo latinoamericano di te stessa, questo non è guidare, sta ballando, da sola, uno spettacolo degno di nota, non spiace, non mi dispiace star fermo qui, in coda, con altre auto che tengono il tempo a ritmo di clacson, suonando con tutta l’energia sprigionata dal palmo della mano, suonando a me, suonano a me, capisce? come fossi responsabile dell’assenza di senso delle proporzioni nella sua personale testa, signora, che vuole che sia?, non si preoccupi, sia io, che loro, NOI abbiamo tutto il tempo della Vergine, aspettare è la Condizione suprema, stare in attesa, mettersi in ascolto del proprio Sé, sul lungomare, col sole che ci sta donando il meglio di Sè mentre lei compie un'altra rotazione con la destra poggiata sul cambio, mentre con la sinistra s’aiuta ad alzare la guaina posta sotto il glande del cambio, la quale permetterà all’autoveicolo d’effettuare un'altra retromarcia, rilasciando la frizione, così, come sta facendo adesso, ecco, brava, spinga l’acceleratore, e lo spinge, talvolta calibrandolo con leggeri colpi della pianta grassa del piede, in apprensione, in balia delle spiacevoli visioni che rendono confuse le immagini mentali del momento, effusioni negative, previsioni su cosa dirà il proprietario dell’auto davanti – magari anche quello di dietro – se per caso il cofano della sua Punto andrà a cozzare, anche leggermente, contro il paraurti dell’auto davanti o - non sia mai! - contro il cofano della macchina dietro che, se la guarda attentamente anche solo una manciata di secondi è troppo vicina alla macchina che ora, proprio adesso si trova di fronte al suo cofano, il quale presenta un accenno di inclinazione endogena, e sta a significare fallimento, fallito signora, ha fallito, ha toccato, ha cozzato il paraurti dell’auto davanti sicché, Madame, il suo tempo a disposizione è scaduto, mi sono, si sono, NOI ci siamo rotti i coglioni d’aspettare l’arrivo formale della sua intellighenzia, la Punto non sarà un Pick-up, lì non c’entrerà mai, manco per il cazzo signora, e a occhio e croce di san Giuseppe quella specie di semi antro comunale adibito a temporaneo parcheggio potrebbe essere stato lasciato libero dal Caso al massimo per una Smart guidata da uno che sa il fatto suo riguardo proporzioni, manovre e – perché no? – vecchia, antiquata, sana, umana empatia del cazzo.
Se ne vada dai coglioni.
Oh, yeah.
Da lì si vedono le stelle, da qui l’autostrada.
Quale male scegli?
Me lo sarei aspettato, amore; il male minorato è sempre stato il tuo zenith.
Non fraintendermi, baby; senza marmocchio in grembo, senza P.38 di tuo padre puntata alla tempia, baby, l’altare non l’avrei visto manco col telescopio dal tetto dell’osservatorio astronomico dove prima, una volta, tanto tempo fa, andavo 3 volte a settimana – bei tempi – prima che stabilissi il coprifuoco alle 21:30, piccola.
Sei in debito, baby.
Mi devi l’Universo.
A tutti i culi su cui non ho suonato doverosamente il clacson in senso di consenso e ampio apprezzamento, signora.
Sono ancora in tempo per un altro giro di conga?
Bene, allora suonerò il clacson in segno d’apprezzamento del suo bel culone che, a occhio e croce dei Cavalieri di Malta potrebbe fruttarle se valutato, ritenuto idoneo, commercializzato e riconvertito in cifre numeriche apparse sugli schermi dei computer di Wall St.
Quando avevo sette anni la nonna mi fece fare un fioretto a Santa Rita, solo che non lo annaffiai abbastanza, così il fioretto appassì, me ne rimasero una manciata di petali disidratati.
Fu quel giorno che venni a conoscenza dei piaceri che il signor Varzetti nascondeva nel sottoscala della cantina, al fresco, tra i barattoli di alici marinate, quando ci spogliavamo e accendeva la telecamera, e la storia faceva il suo liquido corso tra le mie piccole natiche fasciate da slip con Pluto ricamato a mano dalla nonna, nonna, la mia adorata nonna che adesso è diventata alta sacerdotessa dell’ordine delle baccanti.
Oggi, a 106 anni è ancora viva, e io la amo come una volta, tutte le volte che le entro dentro.
Siamo naturisti, usare vaselina sarebbe andare contro le regole armoniche dell’ordine.
A 106 anni è asciutta come una goccia d’acqua al centro dell’equatore ma anche noi abbiamo tutto il tempo che ci serve.
Una volta ho sognato di volare.
Correvo, correvo, sentivo le gambe, i polpacci sempre più leggeri, fin quando non ho spiccato un balzo e librandomi in aria non sono più tornato coi piedi per terra.
Da quel giorno ho cercato in tutti i modi di staccare i piedi da terra.
Proprio oggi, mentre guardavo la televisione, ho visto che hanno abbattuto il muro di Berlino.
Se andassi a Berlino, mi mettessi seduto a gambe incrociate sotto una parte di muro che non hanno ancora abbattuto, potrei sperare che un blocco di cemento mi cada in testa; ho letto su una rivista medica che chi va in coma riceve un buono sconto del 45% su tutti i prodotti caseari della zona; se ho ben capito, i latticini fanno bene alle ossa dell’industria farmaceutica.
Ero in vacanza, mi pare in Inghilterra, o da quelle parti lì (prima di sposarmi viaggiavo, vivevo parecchio), passeggiavo per i fili d’erba di un grande prato, c’era silenzio, e l’assenza di rumori troppo forte.
Mi sentivo a disagio.
Vidi le colonne di Stonehenge.
Mi fermai a sentirne il silenzio, ora aveva un suono diverso.
Un signore sulla settantina si avvicinò a me, come se avesse letto i miei pensieri. “È opera degli alieni, figliolo. Hanno messo lì quelle colonne, in quella specifica posizione, come fossero aghi medici, aghi dell’agopuntura, per curare la Madre Terra incanalando i flussi energetici della griglia terrestre. È un luogo di potere strepitoso. Pensa che ogni anno migliaia di persone ci vengono in pellegrinaggio, come fosse un luogo sacro. E di fatto lo è. Senti? Lo senti quanta energia sprigionano, figliuolo?
Capii che non aveva proprio letto bene nei miei pensieri.
Dovevo andare a cagare.
Un misero moto intestinale non mi avrebbe privato del piacere di pestare a sangue quel rompi cazzo new age. Aveva 70 anni, di “nuove” ere se ne doveva essere vissute già abbastanza, perciò pensai che toglierlo di mezzo avrebbe giovato a me, a lui, al mondo intero.
Sono in carcere da 10 anni.
Non fraintendete; sono in carcere in casa.
Non fraintendetemi, non sono ai domiciliari.
Sono sposato e l’ho già detto prima, detesto ripetere le cose due volte, significa che non mi state ascoltando, porca madonna.
Quando ho pestato il vecchio una spettatrice dal culo sodo volle conoscermi a tutti i costi, aveva apprezzato la tecnica con cui avevo ridotto le costole della cariatide rompipalle in una sorta di poltiglia simil pane grattugiato simile al pan grattato con cui si preparano le alici scottadito.
Ci sposammo, e ora prendo quattro diversi psicofarmaci, senza neanche un giorno libero.
Non sto male come sembra.
Mi sento in pace.
E almeno una volta l’anno sogno di tornare a Stonehenge.
Ho dire un paio di cosucce a quei cazzo di alieni di merda.
Infilarti piume nel culo non fa di te un essere umano più idoneo agli occhi dello scrutatore che deciderà se potrai far parte – o meno – dello staff di McDonald. Si da il caso che le multinazionali che producono carne animale non apprezzino gli animali di terra. Putacaso dovessi avere un parente clonato, oppure nato in provetta, infilagli delle piume nel suo, di culo; avrai una possibilità in più di essere assunto (part-time) e cucinare i panini che tanto adori.
Ricorda di togliere quel cazzo di cetriolo, dio ce ne scampi*.
*Anche strapparti le mani per infilarci delle chele non fa di te uno scampo, dio ce ne aragosti.
Gosti quel che gosti; accettiamo soprattutto carte di credito; far sparire il denaro contante dalla circolazione monetaria è Ns. prerogativa.
Menar il can per l’aia equivale a 5 anni di reclusione+12.000€ di multa (24.000, prezzo raddoppiato, se il cane è incinta).
Di tutti quei soldi il cane non vedrà manco mezza crocchetta.
È la vita.
È il male che arrechi tu a te stesso.
L’Italia è un oligarchia fondata su Cartelli economico sanitari.
Lo sviluppo, il progresso è consistito in un quinquennio, ’70-’75, quando scoppiò la moda del rock progressive.
Per il resto, la democrazia dei Savoia persiste.
Democratico o repubblicano?
Io sto con chi ha l’eroina migliore; sono pachistano.
Bannandomi da Fb. mi hanno privato del diritto d’identità telematica.
Da quel giorno ho perso 10kg e 10 Ampere dalla depressione, tutta colpa di quel mezzo ebreo addormentato di Mark Zuccamerd come si chiama, che poi quello di Fight Club ci ha fatto un film inconcludente di più di due ore e ci ha pure beccato l’oscar come “Miglior 2h buttate nel cestino di Xp.”
Il mondo non è tutto abitato da gente cattiva, c’è anche la gente brava, mica dico che sono tutti cattivi.
Ci sono persone corrette e i maleducati.
Le persone corrette furono – ai tempi d’infanzia – rese tali (cioè corrette) dall’educazione dei genitori in sinergia con il metodo educativo coniato dal Sistema Sanitario il quale, apparentemente, senza specifiche motivazioni, si inventò che i bambini erano potenziali malati cronici, cosicché rese obbligatori 6 vaccini per tutti i bambini dai 2 ai 10 anni.
Le persone maleducate vengono coltivate nei social network.
Tutti i social forum a parte Netlog, perché lì ci sono registrato anch’io.
Vi assicuro che è tutta gente perbene.
Addominali e vagine parlano da sé.
Quand’ero piccolo, per farmi addormentare la mamma mi leggeva sempre una storia.
O, per lo meno, ci provava.
Io volevo sempre sentire la storia della cicala e della formica.
E lei me la raccontava.
Io mi addormentavo felice, cullato dalla sua voce, la quale mi stava autorizzando.
Mi serviva un autorizzazione per.
Ogni mattina, appena fatta colazione, andavo a giocare per i prati che circondavano il rustico di mio nonno Aleister. Appena trovavo una cavalletta ferma, oppure una formica che non stava mettendo da parte provviste per l’inverno, le prendevo e le torturavo ore e ore, fin quando non le schiacciavo. Lo facevo perché, quando la mamma andava a battere in centro, la favola della buonanotte me la leggeva papà. Andava pazzo per quello scrittore barbone matto e scemo, lì, quel Darwin, di cui non capivo quasi niente, a parte che la Selezione Naturale significa che se nasci inferiore e non vuoi fare un cazzo dalla mattina alla sera devi estinguerti.
La sofferenza, l’aggiunta del “fattore agonia” al processo di estinzione di tutte le formiche e cavallette della zona fu una mia libera iniziativa, una mia invenzione.
Il mio personale contributo a una delle teorie più autorizzanti di tutti i tempi.
“Papà, allora io te e la mamma siamo scimmie?”.
“Dove cazzo vivi, figliolo? Non ci vedi quando io e la mamma litighiamo, ci lanciamo tutta quella merda addosso poi facciamo pace infilandoci reciprocamente banane nel culo? Se non lo siamo, mettimi una mano in mezzo alle gambe e toglimi le pulci”.
… è ora di pranzo… penso che la follia, almeno per qualche minuto, possa andare a ninnare…
… ci leggiamo settimana prossima…
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